martedì 9 agosto 2016

Recensione. "L'arte nel Sangue" di Bonnie MacBird

Quando un amore, una passione si trasformano in ossessione? E’ possibile sentire di avere “l’arte nel sangue” al punto da esserne completamente permeati, da non riuscire a vedere altro? Sì, è possibile, eccome e la Storia ce ne regala molti esempi.

Genialità nella sua forma più pura, una qualità posseduta da pochi. Quando, però, questa qualità travolge perfino i limiti della morale, la dignità e il valore della vita, diventa una trappola mortale. L’indole del celebre detective Sherlock Holmes presenta la peculiarità dell’arte nel sangue, non solo per ciò che concerne l’erudizione ma, soprattutto, per quanto riguarda la sua capacità investigativa. Holmes ha, in sé, la genialità dell’artista che crea, immaginando prima l’opera nella sua mente e, in seguito, concretizzandola con i materiali a disposizione.

E’ così che egli risolve i casi: usando prima il pensiero, la logica, la deduzione, dando forma al mistero che deve risolvere, per poi mettere in atto tutte le capacità che gli consentono di svelarlo una volta per tutte. Anche la sua genialità è un’ossessione, ma non lo porta mai verso la distruzione.

Nel romanzo di Bonnie MacBird, “L’arte nel Sangue” (Harper Collins Italia), invece, Sherlock deve fronteggiare un’oscura minaccia che ha da tempo oltrepassato il limite tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, tra il bene e il male, tra il piacere e, appunto, l’ossessione. Una partita tra menti affini per astuzia e intelligenza, in grado di mettere in difficoltà perfino un investigatore del calibro di Holmes. All’inizio della storia, nel novembre 1888, troviamo il fedele Watson felicemente sposato e Sherlock preda di una delle sue crisi depressive che lo spingono all’uso di cocaina.


Quest’ultimo, reduce dal clamoroso caso di Jack lo Squartatore, ha dovuto patire il carcere e accuse infondate che sembrano averne minato l’autostima. L’arrivo di una lettera, una richiesta d’aiuto da parte di una cantante francese, Emmeline la Victoire, rimette tutto in discussione. La donna ha avuto un figlio illegittimo dal potente Lord Pellingham ma, per un errore di gioventù e per timore dei pregiudizi, anziché tentare di crescere da sola il bambino, ha acconsentito a lasciarlo vivere con il padre e sua moglie, accontentandosi di vederlo una volta all’anno e con il divieto assoluto di rivelargli la sua vera identità.

Quando il bimbo scompare nel nulla la cantante si rivolge a Sherlock Holmes, mettendo alla prova la sua arguzia e le sue doti investigative. Il detective e John Watson uniscono le forze ancora una volta per risolvere un mistero che si infittisce pagina dopo pagina; la scomparsa del figlio di Emmeline, infatti, appare legata a filo doppio con il ritrovamento di una statua dal valore inestimabile, la Nike di Marsiglia, l’ambiguo comportamento del conte di Pellingham e di sua moglie e la morte misteriosa di alcuni piccoli orfani dalle fabbriche del Lord.

I colpi di scena, spesso terribili, non mancano in questo romanzo cupo, dalle sfumature dickensiane, in cui la realtà sembra raggomitolata su se stessa, quasi fosse spaventata dalla crudeltà degli uomini. L’azione si svolge tra Parigi, Londra e il Lancashire; perfino una città come la Ville Lumière perde, in questa storia, la sua aura di splendore abbagliante, per lasciarsi osservare in tutto il suo mistero, dietro alle cortine di fumo e luci artificiali dello Chat Noir, in cui si esibisce la chanteuse La Victoire.

Pagina dopo pagina, scena dopo scena il lettore ha l’impressione di sprofondare in un buco nero di intrighi, morte, ferocia e violenza da cui riemergerà, con una nuova consapevolezza, sola alla fine del libro.

Il romanzo di Bonnie MacBird è un giallo in piena regola in cui viene riproposto anche l’espediente letterario del delitto in una stanza chiusa e la razionalità, unita al buon senso e all’umanità, rappresenta l’unica arma in possesso di Holmes e Watson per arrivare alla fine della vicenda. Le descrizioni di luoghi e personaggi sono accuratissime e non pesano né sull’intreccio, né sulla narrazione.

E’ evidente l’amore che l’autrice nutre nei confronti di Holmes e del suo mondo. I dialoghi sono avvincenti e l’evoluzione dei protagonisti e degli antagonisti ben delineata. Sherlock Holmes usa persino lo stratagemma del travestimento, uno dei miti della letteratura tra Ottocento e Novecento; il suo carattere, inoltre, ci pone di fronte a un personaggio molto complesso e sfaccettato, perfettamente in grado di essere se stesso, di condurre delle indagini e, nello stesso tempo, impersonare un altro uomo con una vita e con interessi completamente diversi dai suoi. Holmes, è insomma, pietra e argilla insieme, resiliente e, proprio per questo, determinato come pochi.

In questo romanzo, però, deve anche affrontare molte sfide che metteranno alla prova persino la sua (quasi) insospettabile emotività. Soffre nel fisico e nella psiche man mano che si addentra nei meandri dell’intrigo, rischia in prima persona, con Watson a fargli da intelligente e brillante spalla, oltre che narratore della storia. Incontra uomini ambigui come Jean Vidocq, il quale pretende di essere un discendente del celebre Eugène-François Vidocq e tra i due esplode subito la competizione.

Sherlock, però, sa bene che solo fidandosi di se stesso potrà risolvere il caso; sbaglia, cade, si rialza ma mai, nemmeno una volta, lo vediamo piangersi addosso o dichiararsi sconfitto. I suoi errori non lo destabilizzano più di tanto, grazie alla sua innata capacità di non perdersi d’animo, provando altre possibili strade (possiamo imparare molto da questo personaggio tanto imperfetto, nonostante le sue dipendenze).

Il “figlio letterario” di Conan Doyle ha trovato in Bonnie MacBird un’eccellente “madre letteraria” dotata di uno stile fresco, capace di regalare immagini vivide al lettore e catturarlo dalla prima all’ultima parola.

L’arte nel Sangue” mi ha entusiasmato, da grande appassionata di gialli e thriller (da Agatha Christie a Conan Doyle, da Kerry Greenwood a Mary Higgins Clark) quale sono. Spero che la MacBird continuerà a scrivere storie su Sherlock e Watson. Ha scritto un romanzo eccezionale, che non dimenticherò.

  
Il libro


Titolo: L’arte nel Sangue

Autore: Bonnie MacBird

Casa editrice: Harper Collins Italia

Pagine: 330

Data di pubblicazione: 14 luglio 2016

Prezzo: 16 euro









Sinossi

Londra, in un nevoso dicembre del 1888. Dopo la disastrosa indagine sullo Squartatore, il trentaquattrenne Sherlock Holmes è caduto in un profondo stato di prostrazione dal quale nemmeno Watson riesce a svegliarlo. Finché non arriva da Parigi una strana lettera in codice. Mademoiselle La Victoire, una bellissima cabarettista francese, scrive che il figlio illegittimo che ha avuto da un lord inglese è scomparso, e che lei stessa è stata aggredita per strada a Montmartre. Holmes e Watson si precipitano a Parigi e scoprono che il ragazzino scomparso è solo la punta dell'iceberg di un problema molto più grave: una preziosissima statua greca è stata rubata a Marsiglia, e in un setificio del Lancashire sono stati uccisi dei bambini. Gli indizi, in tutti e tre i casi, conducono allo stesso, intoccabile personaggio... Ma Holmes riuscirà a riprendersi in tempo per trovare il ragazzino scomparso e fermare l'ondata di omicidi, anche se per riuscirci deve essere sempre un passo avanti rispetto a un pericoloso rivale francese ed evitare le minacciose interferenze del fratello Mycroft?


L'autrice


Bonnie MacBird, nata a San Francisco, è laureata in Musica e ha un Master in Cinematografia. E’ produttrice, attrice di cinema e regista di teatro. Ha lavorato a Hollywood per la Universal e ha vinto ben tre Emmy Awards realizzando documentari. Tra le sue passioni ci sono Sherlock Holmes, naturalmente, ma anche la scrittura e la pittura ad acquerello. 










Per saperne di più

Il sito dell’autrice;

La pagina dedicata al romanzo su Goodreads;




Approfondimento sui personaggi

Sherlock Holmes: celebre investigatore nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930). Sherlock comparve, per la prima volta, nel romanzo “Uno studio in rosso” (1887), insieme al colto e leale dottor John Watson. La tecnica con cui Holmes riesce a dipanare le trame dei casi più difficili si basa sulla logica, sull’osservazione, sullo scetticismo e sulla deduzione. Il carattere di questo personaggio, però, si fonda sulla dicotomia tra razionalità e impulsività. E’ un eccellente pugile e schermidore, non sopporta l’inattività, poiché lo rende depresso, nervoso e lo spinge a ricadere nella dipendenza da cocaina. La sua indole è del tutto opposta a quella di Watson, ma i due sono legati da un’amicizia vera e profonda.

John Watson: è un medico (proprio come Conan Doyle) ed è, di solito, la voce narrante dei casi affrontati da Sherlock Holmes. E’ un uomo fedele, mite, estremamente colto e molti studiosi hanno visto in lui l’alter ego di Arthur Conan Doyle. Vive con Holmes al 221B Baker Street e, stando alle scarne notizie biografiche che l’autore ci offre su di lui, dovrebbe essersi sposato due volte (ne “l’Arte nel Sangue” lo ritroviamo “fresco” di matrimonio con sua moglie Mary). Watson è un tipo razionale, coltissimo e ben integrato nella realtà vittoriana. Non possiede la caratteristica della genialità, evidente in Holmes, ma non può essere definito un personaggio “secondario”, in quanto tale termine risulterebbe troppo riduttivo.

Eugène-François Vidocq: nel romanzo “L’arte nel Sangue” non conosciamo direttamente questo personaggio, bensì un suo presunto discendente, cioè Jean Vidocq. Eugène-François fu un criminale la cui vita avventurosa ispirò scrittori e registi. Nel 1811 entrò a far parte della Sûreté riuscendo, con metodi al confine tra la legalità e l’illegalità (con una certa propensione per quest’ultima) a risolvere molti casi. Tra i personaggi a lui ispirati, possiamo ricordare: Jean Valjean ne “I Miserabili” (1862) di Victor Hugo; Auguste Dupin, protagonista de “I delitti della Rue Morgue” di Edgar Allan Poe (1841). Tra i film dobbiamo citare, invece, “Vidocq-La Maschera senza Volto” (2001) diretto da Pitof e interpretato da Gérard Depardieu. Il personaggio che compare nel romanzo “L’Arte nel Sangue” con il nome di Jean Vidocq è un uomo molto scaltro, ambiguo e privo di scrupoli.

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