martedì 17 novembre 2015

Anteprima “Come il sole di notte” di Sara Purpura

Oggi voglio presentarvi il nuovo romanzo di una giovane scrittrice siciliana, Sara Purpura.
 
Come il sole di notte”, romance storico disponibile su Amazon dal 16 novembre, è una storia d’amore in cui i protagonisti maschili hanno un ruolo rilevante e persino loro sono vittime, al pari della protagonista femminile Elena, delle consuetudini del loro tempo, sullo sfondo di una magica e superba Venezia.
 
Due fratelli diversi come il giorno e la notte, una donna oggetto di una inarrestabile ossessione, sfide, inganni, tradimenti e passione sono gli ingredienti di questa storia travolgente che, grazie allo stile scorrevole e armonioso dell’autrice, vi terrà con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
 
 
Il libro
 
Titolo: Come il sole di notte
 
Autore: Sara Purpura
 
Genere: Romance storico
 
Casa editrice: self publishing
 
Prezzo: 1,50 euro
 
Pagine: 290
 
Data di pubblicazione: 16 Novembre 2015
 
 


Sinossi
 
Thomàs Ranieri ha tutto ciò che può desiderare un giovane uomo: è ricco, bello, ha un animo dissoluto che nessuno sembra potere domare e un’indole ribelle che si addice poco al suo titolo. Alan, suo fratello, primogenito e conte per linea di successione, possiede invece la calma e la fierezza tipica di un uomo del suo rango. Quando quest’ultimo chiede in sposa la bella Elena Vendramin, figlia di uno dei duchi più vicino al doge, resta sopraffatto dalla sua bellezza e il proposito di conquistarla diviene una sfida. Ma l’amore sbaglia il suo bersaglio e, a un ballo, Elena viene attratta dal fratello sbagliato, Thomàs, che ne resta a sua volta ossessionato. In una Venezia fiera della propria identità, due destini si intrecciano fra passione e sentimento, sfidando ogni convenzione. Questa è la storia di un amore che esaudisce ogni promessa, un racconto nel tempo ma senza tempo che si dipana, avvincendo chi legge di emozioni contrastanti: due fratelli, un segreto nel passato di uno dei due, una donna intrappolata dalle consuetudini e un atroce inganno per soddisfare la brama di potere di un uomo senza scrupoli.


Estratti
 
Una voce fumosa si schiarì alle sue spalle e lei fu attraversata da un lungo fremito. «Signorina Elena?» Recuperò un'aria civettuola e si voltò, andando incontro al suo destino. Era al primo atto di quella commedia, ma valutò troppo facilmente che quella farsa somigliasse più a una tragedia e di quelle peggiori. Per questo si fece seria di colpo. Non c'era nulla di comico in quello che stava per fare. Non era preparata, anche se avrebbe dovuto esserlo da una vita, ma non adesso e non a quello che vide.
Il fratello dannato? Era così che l'aveva etichettato Caterina. E forse lo era davvero, perché quell'uomo che le si ergeva di fronte sicuro, aveva il sorriso del diavolo e le labbra più affascinanti che avesse mai sognato.
La strinse più forte e lei spalancò gli occhi, colpita da quel gesto e dal calore bruciante del suo corpo solido. Si guardò intorno. Qualcuno li stava guardando, così cercò di ammorbidirsi fra le sue braccia affinché lui mollasse un po’ la presa. «Non amo le regole, Elena. Non ne ho mai rispettate e non comincerò adesso, solo per compiacervi» sibilò al suo orecchio. «Ma ne ho alcune per vivere. Regola numero uno» sussurrò, inciampando su una pausa voluta. «Se voglio una cosa, io la ottengo.»
 
 
 «Cristo santo! Dov'è il fuoco che ho visto nei vostri occhi? Perché l'avete spento? Il vostro spirito, quel fremito di ribellione è scomparso. Perché?»
Elena ebbe l'impressione di essere buttata in un vortice di incertezze e si aggrappò alle sue braccia con forza.
«Non lo so» cercò di non urlare. «Presumo che sia ora di crescere e accettare certe decisioni.»
Thomàs la lasciò, tremante e senza fiato. La guardava cupo, ma il suo sguardo non ebbe neppure un cedimento.
«Andate da lui, allora! Firmate la vostra condanna, io non farò nulla per fermarvi.» «Thomàs, per favore...»
«Basta così» l'ammonì. «Questa conversazione è assurda e assolutamente fuori luogo. Non posso offrirvi ciò che vi darà mio fratello. Volevo solo fondere il vostro fuoco con il mio. Senza regole, Elena» le bisbigliò sulle labbra, «tranne una, ricordate?»
 
 
[…] Qualcosa si mosse in lui. La forza di un sentimento che lo aveva portato alla vita una volta, lo fece ancora. Lei era lì. Il suo angelo. La sua personale benedizione mandata da Dio. La sua preghiera esaudita, malgrado lui non la meritasse.
 
 
[…] lanciò l'animale al galoppo. Il suo cuore andava a ritmo di quella corsa estenuante; credette di impazzire per il timore di perderla. Dio! Potevano anche riacciuffarlo, sbatterlo in cella e buttare via le chiavi per quel che gli importava, ma doveva vederla. Doveva stringerla e sussurrarle che poteva farcela, che non era sola e che lui non sarebbe andato da nessuna parte senza di lei. E poi al diavolo le conseguenze! Avrebbe potuto anche morire, ma lei sarebbe stata viva. Ed era quello l'importante.
 
 
L’Autrice
 
Sara Purpura nasce a Palermo nel 1981. Malgrado si definisca “cittadina del mondo” non riuscirebbe a vivere altrove. Consegue il diploma magistrale e coltiva da sempre la passione per la scrittura, ma il destino vuole che lei compia una scelta che la porta a riporre le idee nel cassetto, per un po'. In questo frattempo non smette di scrivere, perché scrivere è il modo in cui si sente libera. Decide di farsi conoscere, tramite i social network e, in fine, trova la sua strada, pubblicando per la Genesis Publishing. Sposata e madre di due figli che adora, Sara ama leggere qualsiasi cosa, anche le etichette degli shampoo al supermercato. Se volete farla felice, regalatele un libro. Se volete vederla arrabbiata, ditele che leggere non serve a nulla. “Chi legge vive storie, che non potrebbe vivere in una vita sola” è il suo motto. Scrive storie che le piacerebbe leggere e si emoziona mentre lo fa, sperando di riversare nei suoi racconti, parte della trepidazione che prova portandole alla luce. Ama i romance, i grandi romanzi d'autore e gli storici. Scrive, legge e ama. La sua vita si ciba di questo.
 
 
Per saperne di più
 
 
 
Il profilo Facebook dell’autrice:

lunedì 9 novembre 2015

Anteprima. “Il mistero del sogno nel tempo” di Valentina Cardellini

Può l’amore attraversare il tempo e lo spazio, sopravvivere ai secoli per arrivare, intatto, a compiere un destino da sempre scritto nell’ignoto?
 
E’ possibile che due anime siano state prescelte al fine di amarsi per sempre e, per coronare il loro sogno, siano costrette a inseguirsi oltre la vita e le epoche? Se il tempo non fosse l’antidoto per dimenticare, ma per ravvivare, ogni volta, il fuoco della passione?
 
Domande universali, tra il sogno e la realtà, a cui la giovanissima scrittrice Valentina Cardellini dà voce e corpo nel suo romanzo d’esordio, “Il mistero del sogno nel tempo”,  pubblicato proprio oggi per Elister Edizioni.
 
Una coinvolgente storia d’amore, sospesa tra le infinite possibilità che il destino concede attraverso i labirinti della passione e dei secoli, da scoprire e leggere abbandonandosi tra le braccia forti del sentimento più profondo e dirompente che esista.
 
 
Il libro
 
Titolo: Il mistero del sogno nel tempo
 
Autore: Valentina Cardellini
 
Casa editrice: Elister Edizioni
 
Pagine: 136
 
Data di pubblicazione: 9 novembre 2015
 
Prezzo: 1.99 euro (versione kindle)
 
 
 
 
 
 
Sinossi
 
Oggi. «Quel che il tuo cuore non vede e non sa, quel che il tuo cuore trattiene e non dà!». Questa è la litania che tormenta Miro ormai da tempo, togliendogli quel poco di serenità che cerca di conquistare nonostante la sua vita sia a un passo dal baratro. Chissà che quel viaggio nel Salento, che ha deciso di fare, non riesca a portargli le risposte che cerca e a svelargli ciò che “il suo cuore trattiene e non dà”. Anno 1440. Piena di sogni e voglia di libertà, Lavinia si ritrova improvvisamente fidanzata contro il suo volere. Disperata, trova speranza nelle parole di una vecchia strega e del suo incantesimo. «Questo è il punto di partenza e la fine del tuo viaggio. Il tempo ti sarà amico, perché nulla, in fondo, muore davvero». Ma cosa vorranno dire quelle parole? In un viaggio nei secoli, due vite si sfiorano e si amano… E al tempo non resta che piegarsi al loro amore per farli rincontrare. Ieri, oggi e per sempre.
Con “Il mistero del sogno nel tempo” Valentina Cardellini arriva al cuore dei lettori con la delicatezza di una piuma ripercorrendo la vita di due anime che si rincorreranno per l’eternità alla ricerca dell’altra. Con il suo stile leggero e fluido, l’autrice ha saputo creare un’atmosfera surreale, onirica e magica in grado di trasportare la propria immaginazione in un mondo dove la vera Storia s’intreccia amabilmente con quella inventata di Miro e Lavinia.
 
 
L’autrice
 
Valentina Cardellini è nata a Bologna nel 1990. Scrive sin da bambina ed è appassionata da sempre alla Letteratura, alla Pittura e all’Arte in genere, nonostante abbia scelto un percorso di studi differente iscrivendosi dapprima al Liceo scientifico e successivamente alla Facoltà di Giurisprudenza. Negli anni si dedica soprattutto alla Narrativa per ragazzi e alla Poesia, ma soltanto nel 2012 inizia a cimentarsi nella scrittura di racconti per partecipare a iniziative letterarie promosse sul territorio nazionale. “Il mistero del sogno nel tempo” è il suo primo vero romanzo d’esordio.
 
 
Per saperne di più
 
La pagina web della casa editrice Elister Edizioni dedicata al romanzo:
 
La pagina web della casa editrice Elister Edizioni dedicata all’autrice:

giovedì 5 novembre 2015

Recensione: “Attrazione di sangue” di Victory Storm

Esistono romanzi di notevole qualità che, però, non si lasciano “scoprire” subito. Bisogna superare i cliché legati alla trama e una prima parte che si svela con un ritmo più lento per poterli assaporare davvero e, una volta chiuso il libro (il kindle in questo caso), essere davvero soddisfatti della lettura.
 
Questo è accaduto con il libro di Victory Storm, “Attrazione di sangue”, primo volume della “Trilogia di sangue” targata Elister Edizioni. Un’opera sorprendente, poiché tratteggia la figura del vampiro in modo nuovo, dando vita a una storia, ambientata tra Londra e Dublino, che non si può assolutamente definire banale.
 
Vera Campbell è un’adolescente come tante altre, presa dalle prime cotte irrealizzabili, i problemi a scuola che sembrano insormontabili e la vita in una fattoria insieme alla zia Cecilia, che l’ha accudita fin dalla più tenera età e al tuttofare Ahmed, figura ormai familiare per la giovane.
 
Una vita comune, almeno in apparenza: la protagonista è affetta da un tipo di anemia che prevede una dieta ben precisa, caratterizzata da emodosi di natura animale a cadenza regolare. Inutile dire che questa sua particolarità e il suo carattere a tratti riottoso non la rendono la ragazza più popolare della scuola.
 
Nonostante questo Vera conduce, fino ai diciassette anni, un’esistenza serena e non immagina che, un giorno, dovrà lasciare tutto e cercare rifugio a Dublino. Nel suo sangue c’è la chiave per comprendere ciò che sta accadendo, la lotta tra umani e vampiri che, però, non è esattamente una lotta tra bene e male perfettamente scissi e il personaggio di Vera ne è la prova.
 
E’ proprio dentro di lei, infatti, l’antidoto all’evoluzione e alla sopravvivenza delle leggendarie creature della notte, che qui hanno una connotazione più moderna. Per questo motivo l’affascinante vampiro Blake la rapisce con l’intento di scoprire l’esatta natura della minaccia e, successivamente, eliminarla alla radice, cioè uccidere Vera, ma non ha fatto i conti con il sentimento più ribelle e dirompente di tutti: l’amore.
 
Non esiterà, proprio in nome di questo desiderio ardente, a raggiungere la sua amata fino a un monastero interdetto ai vampiri, dove l’Ordine spera di poter custodire la vita e il segreto della protetta.
 
Per quale motivo Vera, che è il veleno vivente dei crepuscolari nosferatu, si sente così attratta, quasi vincolata da e per l’eternità a Blake? Quale mistero avvolge la nascita della ragazza? Perché il potere ecclesiastico è tanto interessato a lei e cosa le nasconde Cecilia? Cos’è L’Ordine della Croce Insanguinata e qual è il legame tra questa congregazione e la stessa Vera?
 
Attrazione di sangue” è un paranormal romance scritto molto bene, con uno stile asciutto, imperniato su periodi brevi, dialoghi dinamici e poche descrizioni, poiché l’attenzione di Victory Storm è maggiormente focalizzata sull’azione.
 
L’idea di partenza è davvero molto buona e sviluppata con attenzione e rigore. L’autrice, vista la capacità ottima di caratterizzare i personaggi e tratteggiare la loro psicologia, avrebbe potuto osare ancora di più approfondendo la narrazione con ulteriori dettagli (lo ammetto, ho una particolare deformazione professionale per quel che concerne i particolari), magari scavando ancora nella storia dei vampiri, ma bisogna precisare che il romanzo non risente affatto di questa scelta e, anzi, nell’insieme risulta ricco di colpi di scena, scorrevole e molto vivace.
 
Non solo: Vera è una protagonista credibile, un’adolescente che sembra fragile ma, in realtà, evolve nel corso del romanzo in una giovane donna forte e combattiva. Non vi aspettate nessun tipo di sottomissione femminile o “sfumatura” di qualunque colore: “Attrazione di sangue” non è un romanzo che si basa su etichette, cliché o mode e il linguaggio usato è sempre adatto alle situazioni, mai forzato, mai esplicito.
 
Sebbene, come già affermato, il confine tra bene e male non sia assolutamente netto, l’autrice ha anche saputo dar vita a un personaggio dall’aura tenebrosa e decadente, Blake, senza trasformarlo né in una macchietta e nemmeno nel solito cliché di bello e dannato.
 
Insomma “Attrazione di sangue” è davvero un ottimo romanzo che consiglio di leggere e che non vi deluderà se siete appassionati alle narrazioni costruite su atmosfere cariche di mistero, sospese nel tempo eterno che non è dato vivere ai mortali e avete voglia di tuffarvi in una storia in cui niente è come appare o come ci hanno insegnato a vederlo, soprattutto i vampiri.
 
 
Dati del libro
 
Titolo: Attrazione di sangue #1
 
Autore: Victory Storm
 
Casa editrice: Elister Edizioni
 
Pagine: 340
 
Anno di pubblicazione: 2012
 
Prezzo: 2,99 in edizione ebook (kindle)
 
 
 
 
 
Trilogia di Sangue
 
1. Attrazione di Sangue - Dicembre, 2012;
2. Confederazione di Sangue - Marzo, 2014;
3. Promessa di Sangue - (Settembre, 2014.
 
 
Sinossi
 
Vera ha appena scoperto l'esistenza dei vampiri e ora deve scappare. In una fuga tra Dublino e Londra, Vera si ritrova preda di una specie sanguinaria e feroce, perché nel suo sangue si nasconde l'arma per distruggere la razza vampira. A darle la caccia è Blake, uno dei vampiri più anziani e forti al mondo, ma uno strano destino è in serbo per loro. Quello che doveva essere uno scontro tra il bene e il male, si rivelerà una strana e dirompente attrazione che cambierà le sorti della loro vita, svelando i segreti che si celano nel passato di entrambi.
 
 
L’Autrice
 

Nata a Londra nel 1983, si è trasferita in Italia a venticinque anni, dopo aver perso lavoro e fidanzato nel giro di pochi mesi e con il desiderio di dare una svolta alla sua vita. Ha scritto il suo primo romanzo “Attrazione di sangue” quando viveva ancora a Londra ed era appena uscito il libro “Twilight” di Stephenie Meyer. Am ail cambiamento e, per lei, il successo è riuscire a realizzarsi nelle cose che ama.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Per saperne di più
 
Pagina dedicate a Victory Storm sul sito della casa editrice Elister:


Immagini tratte dal sito della casa editrice Elister Edizioni.

martedì 13 ottobre 2015

Elsa Schiaparelli. L’artista della moda

Donna dal carattere estroverso, creatrice del celebre rosa shocking, amante del buonumore e della cultura, con l’arte e l’eleganza nel sangue. Questo fu Elsa Schiaparelli (1890-1973), una vera artista della moda capace di tenere testa al genio di Coco Chanel e reinterpretare il concetto di arte attraverso gli abiti e grazie a una dirompente, formidabile creatività.
 
Il background aristocratico fu, per lei, un vantaggio negli ambienti dell’alta società parigina, dove venne accettata senza riserve, al contrario di Coco Chanel, spesso additata a causa delle sue origini umili. Ciò le consentì di farsi conoscere e ammirare fin da subito, senza alcun ostacolo, come stilista capace di creare e imporre una visione ben definita e personalissima della moda.
 
L’estro della Schiaparelli, però, fu il risultato di diversi fattori, non solo legati all’indole. La sua famiglia, di origini piemontesi, era composta da esimi studiosi, uomini dotati di eccezionale cultura e senso estetico, valori che vennero trasmessi alla giovanissima Elsa, che ne fece tesoro e seppe, anni dopo, fonderli tra le stoffe, i ricami e i bozzetti dei suoi vestiti.
 
Celestino Schiaparelli (1841-1919), suo padre, fu un grande arabista (il suo maestro fu il celebre Michele Amari) e direttore dell’Accademia dei Lincei, incarico affidatogli dal re Vittorio Emanuele II. Nel 1903 ottenne la cattedra di Lingua e Letteratura Araba all’Università La Sapienza di Roma; Giovanni Schiaparelli (1835-1910), fratello di Celestino, fu membro dell’Accademia dei Lincei, dell’Accademia delle Scienze di Torino e senatore del Regno d’Italia. Eccellente astronomo e storico della scienza, si dedicò anche allo studio del pianeta Marte (da qui nacque la teoria dei “canali di Marte” e tutte le speculazioni e i fraintendimenti successivi su di essa); il famosissimo archeologo ed egittologo Ernesto Schiaparelli (1856-1928), cugino di Elsa, fu senatore del Regno d’Italia, professore di Storia Antica ed Egittologia all’Università di Torino e direttore del Museo Egizio di Torino dal 1894 fino alla morte. Nel 1903 inaugurò la missione archeologica italiana in Egitto, alla quale si deve la scoperta della meravigliosa tomba di Nefertari. Infine lo zio Luigi Schiaparelli (1871-1934), paleografo e storico, diede vita alla Fondazione Schiaparelli.
 
Elsa nacque il 10 settembre a Roma, a Palazzo Corsini, la residenza che spettava di diritto alla carica più alta dell’Accademia dei Lincei. Sua madre, Maria Luisa, apparteneva a una famiglia aristocratica di alto lignaggio e la futura stilista crebbe coltivando il sogno di diventare un’attrice o una poetessa. La famiglia non appoggiò mai il primo desiderio, giudicato inopportuno per una ragazza di alto lignaggio. Quanto al secondo, non andò meglio: Elsa riuscì a far pubblicare una raccolta di componimenti dal titolo “Arethusa”, ma provocò di nuovo lo sdegno dei suoi genitori, i quali considerarono i versi talmente audaci da decidere di spedirla in un convento in Svizzera. Solo uno sciopero della fame mise termine alla permanenza della ragazza nel collegio elvetico.
 
Nel 1913 quando la giovane si trasferì a Londra dove, durante una conferenza, conobbe il
conte Wilhelm de Wendt de Kerlor. La coppia si sposò nel 1914 e decise di vivere prima a Nizza poi, nel 1919, di spostarsi a New York, città nella quale nacque, l’anno successivo, la figlia Yvonne, detta affettuosamente Gogo.
 
Durante la traversata Elsa fece un incontro destinato a imprimere una svolta alla sua vita; divenne amica di Gabrielle Picabia, moglie del pittore e scrittore Francis Picabia (1879-1953. Fu proprio Gabrielle a permetterle di entrare in contatto con la corrente dadaista di New York, rappresentata da personaggi di spicco come lo scultore e pittore francese Marcel Duchamp (1887-1968), naturalizzato statunitense, il fotografo, regista e pittore Man Ray (1890-1976, nome d’arte di Emmanuel Rudzitsky) e Alfred Stieglitz (1864-1946), fotografo e gallerista.
 
Nonostante i problemi economici, la costante assenza del marito, la figlia ammalata di poliomielite e il matrimonio non proprio solido, Elsa trovò in questi artisti una fonte d’ispirazione e con loro condivise momenti spensierati che l’avrebbero accompagnata per sempre, plasmando la sua “arte di moda” in maniera eccentrica, originale, rivoluzionaria.
 
Le difficoltà finanziarie a cui abbiamo accennato la spinsero a cercare un lavoro; il destino, o forse la perseveranza, o tutti e due, fecero in modo che lo trovasse nell’atelier della sorella di Paul Poiret, Nicole Groult (nome d’arte di Marie Nicole Poiret, 1887-1967. Nicole fu una formidabile promotrice dello stile “garçonne”, fatto di abiti eleganti ma funzionali, con una venatura androgina, che esprimevano il concetto di emancipazione femminile e aspirazione all’uguaglianza tra i sessi).
 
Nel 1922, però, il matrimonio di Elsa arrivò al capolinea; questo triste epilogo rappresentò, paradossalmente, il primo, vero passo della futura stilista nel mondo della moda. Londra e New York rappresentavano il passato. Parigi l’avvenire, oltre che la capitale dell’eleganza.
 
Proprio in questa città la Schiaparelli scelse di vivere insieme alla figlia, ospitata da Gabrielle Picabia e conobbe il celeberrimo stilista Paul Poiret. Il 1927 fu l’anno del trionfo: Elsa Schiaparelli aprì un atelier tutto suo in rue de la Paix 4 e lo chiamò “Pour le Sport”. Iniziò a disegnare abiti riversando tutta la fantasia e la conoscenza che aveva dell’arte, dal surrealismo al cubismo, nei bozzetti dal tratto netto e raffinato.
 
Nel 1933, all’apice della popolarità, la Maison Schiaparelli poteva contare su una succursale a Londra, mentre la sua stravagante fondatrice avviava un altro atelier a Parigi, dedicato esclusivamente ai profumi da lei creati. Solo nel ‘34 ne vennero commercializzati tre, tutti destinati a entrare nella Storia della moda e della cosmesi: Schiap, Salut e Souci (il primo, S, risale al 1928) e la stilista ottenne la copertina del Time (ricordiamo, comunque, che già Vogue aveva contribuito alla sua popolarità, osannandone lo stile particolarissimo di cui si accorgerà, nel 1949, perfino Newsweek dedicandole la cover intitolata “The Shocker”).
 
L’anno successivo la sede centrale della Maison venne spostata a Place Vendome 21, in un palazzo di cinque piani, suddiviso in novantotto stanze nelle quali lavoravano ben settecento persone. Questo rappresentò la consacrazione della moda di Elsa Schiaparelli a Parigi e nel mondo.
 
La creatività dell’artista italiana non aveva limiti: dal tailleur con le tasche a forma di bocca, agli abiti con le aragoste dipinte sopra, fino ai pullover “a raggi X”, così chiamati perché tratteggiavano la forma delle ossa umane.
 
Moda stravagante, sopra le righe, surrealista, in grado di rompere gli schemi e, per questo, meravigliosa e inimitabile. Coco Chanel temeva Elsa Schiaparelli, l’italiana che collaborava con i più grandi nomi dell’arte, da Jean Cocteu a Salvador Dalì. Entrambe le stiliste, comunque, capirono che il destino della moda non stava solo nella creazione esclusiva e su misura di abiti per le gran dame e nemmeno, bensì nel prêt-à-porter, ovvero la realizzazione di capi ordinati per taglie standard.
 
Elsa ebbe anche un altro merito: stravolse il concetto di sfilata rendendola, per la prima volta, uno show, uno spettacolo a tema, abitudine molto in voga anche oggi. Nel 1938, per esempio, presentò al pubblico la collezione Cirque, caratterizzata da vestiti impreziositi con stampe di clown, borse a forma di palloncini e cappelli che sembravano coni gelato, come racconta la stessa Schiaparelli nella sua autobiografia “Shocking Life. Autobiografia di una artista della moda” (Alet, Padova 2008). 
 
Tra le sue clienti figuravano donne di spettacolo eccezionali come Katharine Hepburn, Greta Garbo, Wallis Simpson, Juliette Greco, Marlene Dietrich, Lauren Bacall, Gala Dalì, Mae West, Ginger Rogers e Vivien Leigh. L’originalità dell’aristocratica stilista, inoltre, conquistava sempre più consensi e popolarità a ogni nuova sfilata e le signore che acquistavano i suoi abiti non erano minimamente “turbate” dal fascino insolito delle creazioni, al contrario.
 
Il 1938 segnò anche la nascita di una delle sue fragranze più famose, Shocking, contenuta in una raffinatissima boccetta, disegnata da Leonor Fini (1907-1996), che ricordava le forme di Mae West (1893-1980. Si racconta che anche la prima bottiglietta di Coca-Cola fosse ispirata alle curve dell’attrice americana).
 
La Seconda Guerra Mondiale spinse Elsa Schiaparelli a trasferirsi negli Stati Uniti. Rivide
Parigi solo alla fine del conflitto, ma la sua fama era rimasta intatta. Il periodo del dopoguerra, infatti, la vide di nuovo immersa nella creazione di nuove collezioni e profumi. Tra questi ultimi dobbiamo menzionare Le Roy Soleil (1946), la cui preziosa boccetta venne creata dal genio di Salvador Dalì.
 
Non tutti ricordano, poi, che fu proprio Elsa a disegnare i costumi del film Moulin Rouge (1953), diretto da John Huston e interpretato da Zsa Zsa Gabor. L’italiana dall’inesauribile creatività gestì l’atelier fino al 1954, anno di pubblicazione della sua autobiografia. Morì nella capitale francese il 13 novembre del 1973.
 
Il marchio da lei fondato passò nelle mani della famiglia Sassoli de’ Bianchi e, nel 2006, in quelle di Diego Della Valle. La sua fama ha attraversato gli anni e forgiato generazioni di stilisti (ricordiamo che, con lei, lavorarono anche Pierre Cardin e Hubert de Givenchy).
 
Ancora oggi, la sua Maison è un punto di riferimento fondamentale per le star del mondo dello spettacolo: Celine Dion, per esempio, ha scelto proprio un abito della Maison Schiaparelli per inaugurare il suo ritorno sulle scene al Colosseum del Caesars Palace di Las Vegas, una tournée che durerà fino a gennaio 2016.
 
L’abito è stato confezionato appositamente per la famosa cantante e realizzato in seta georgette con paillettes e cristalli a impreziosirlo. Una prove ulteriore, questa, dell’eredità lasciata dalla Schiaparelli, una tradizione di estro e audacia che è arrivata fino ai nostri giorni.
 
Come abbiamo già accennato, Elsa è sempre stata considerata “l’anti-Chanel”; due stili in apparenza inconciliabili, uno lineare, “ordinato”, l’altro opulento, “caotico”, ma entrambi simboli di eleganza e buon gusto.
 
Ci troviamo di fronte a un’opposizione ben netta, a due modi diversi di vedere la moda e la donna, ma uno non esclude l’altro, o meglio, il paragone tra Coco ed Elsa dovrebbe tenere conto di questo, come del fatto che, tra le due, non esiste “la migliore”, né una può essere il metro di giudizio dell’altra.
 
La loro creatività, infatti, è stata talmente intensa, esuberante, personale, forte, da non consentire dei “duelli” teorici e stilistici che possano stabilire una vincitrice. Per questo motivo, nonostante l’innegabile rivalità, è inutile giudicare Elsa come “anti-Chanel”, in quanto ciò significherebbe avere una visione della moda di quel periodo che pone Coco come “asse portante”.
 
Forse tale discorso può essere valido da un punto di vista cronologico ed è legato, oltre che al mito di Chanel, alla Francia che, in quegli anni, dettava legge in fatto di moda, ma la sua “essenza” è più discutibile.
 
La diversità tra Chanel e Schiaparelli è evidente e difficilmente etichettabile, poiché libera espressione artistica ed esistenziale. Non solo: la scelta di una Maison piuttosto che dell’altra da parte del pubblico è tutta personale, dettata da gusti e personalità, ma non per questo assoluta, anzi! Entrambe, comunque, ebbero, tra i tanti meriti, quello di ridisegnare l’immagine della donna e, nello stesso tempo, riscriverne il destino che sembrava già stabilito.
 
Furono delle rivoluzionarie della moda e della vita, anime indomite che, prima di tutto, obbedivano a se stesse e condivisero, con successo, le loro esperienze di vita tradotte in abiti con le altre ragazze e donne come loro.
 
Elsa, nella sua autobiografia, diede dei veri e propri “comandamenti” ancora attualissimi a signore e signorine di tutto il mondo. Tra questi ve ne son alcuni molto interessanti: le donne, infatti, tendono ad ascoltare troppo il parere di chi le circonda; dovrebbero, invece, affidarsi con giudizio solo agli esperti di moda, ascoltare i loro consigli ma, nello stesso tempo, saperli valutare in maniera critica e non accettare passivamente ogni parola. Forse sembrerà strano, addirittura paradossale, ma non è così: secondo la stilista le donne devono imparare a conoscersi.
 
Questa è la vera chiave per raggiungere l’autostima. Serve esperienza di vita per raggiungerla e, dunque, riuscire a discernere l’essenziale dal superfluo, l’opinione costruttiva da quella inutile o perfino dannosa.
 
Ciò significa anche costruire la propria personalità senza seguire in modo frenetico le mode, ma apprendendo la sottile arte della scelta per sé, la coerenza tra la propria anima, la propria volontà e l’eleganza. Tutto questo porta a creare uno stile frutto del connubio tra moda e carattere personale. Nulla di bizzarro o contraddittorio.
 
Un vestito non è solo stoffa ma, in un certo senso, è una sorta di involucro prezioso per il corpo e l’anima che lo indosseranno e, per questo, la selezione non può nascere dal timore del giudizio, dalla mancanza di idee e nemmeno dall’incoerenza.
 
Gli abiti e gli accessori raccontano molto di noi ed Elsa Schiaparelli, come Coco Chanel, lo aveva capito.
 
Il genio italiano, l’estro, la forza e la determinazione uniti in una sola donna che creò un impero ancora oggi ben saldo. Elsa Schiaparelli è l’esempio, soprattutto nei nostri tempi incerti, di quanto la volontà e la personalità possano forgiare il nostro destino, soprattutto quando questo sembra avverso, trasformando in colori, arte, novità e fantasia tutto ciò che appare grigio e rigidamente codificato.
 
 
Bibliografia e sitografia
 
Elsa Schiaparelli, “Shocking Life. Autobiografia di una artista della moda”, Alet, Padova 2008;
Sofia Gnoli, “Moda. Dalla nascita della haute couture a oggi”, Carocci, 2012;
 
Harold Koda, Andrew Bolton, “Schiaparelli & Prada. Impossible Conversations”, Metropolitan Museum of Art, New York, 2012;
 
Ilya Perkins, “Poiret, Dior and Schiaparelli: Fashion, Femininity and Modernity”, Bloomsbury Academic, 2012;
 
Il sito della Maison Schiaparelli: http://www.schiaparelli.com/en
 
 

mercoledì 10 giugno 2015

Recensione. “La Vendetta di Isabelle” di Marta Savarino

Oggi vi propongo un appassionante romanzo storico, una storia d’amore e avventura con un’eroina tanto forte quanto ribelle alle convenzioni del suo tempo. “La vendetta di Isabelle”, di Marta Savarino, mi ha riportato indietro nel tempo quando, da ragazzina (quindi non molto tempo fa ;-) ) guardavo rapita i film di Angelica la Marchesa degli Angeli e ne leggevo le gesta travolgenti sui libri, ma sarebbe più corretto dire capolavori, scritti da Anne e Serge Golon.
 
Non esagero; ho ritrovato quelle atmosfere in bilico tra luce e ombra, detto e non detto, indole personale e legge, intrighi politici e misteri celati nelle alcove degli aristocratici, amore contrastato e fraterna benevolenza che mi hanno sempre colpito e continuano a stimolare la mia fantasia e le mie emozioni.
 
Siamo nella Parigi del Re Sole, ecco spiegato, in parte, quell’equilibrio sottile tra apparenza ed essenza a cui accennavo prima parlando di luce e oscurità. Luigi XIV ha letteralmente rinchiuso i suoi nobili in una gabbia dorata, memore della Fronda, in cui ogni minimo dettaglio è codificato, tutto è legge, prima ancora che dello Stato, del sovrano, poiché egli, del resto è lo Stato francese.
 
Marta ha reso in modo eccellente queste sfumature di potere; è evidente la sua ottima conoscenza e il suo amore per questa epoca così importante, preludio inconsapevole di una Rivoluzione ancora cronologicamente lontana, ma il cui nucleo sociale, politico e morale si forma soprattutto in questi anni. La nostra eroina si chiama Isabelle Morens e a muoverla verso Versailles, la galassia d’oro e seta al cui centro è il Sole attorniato dai nobili “satelliti”, è la vendetta.
 
E’ proprio questo umano, terribile sentimento a dar vita e a far evolvere le azioni della protagonista, che riemerge da un passato di ingiustizia perpetrata proprio da Luigi XIV ai danni della sua famiglia. Per il re si tratta di necessità dettata dalla politica, per Isabelle della fine ingiustificata di un mondo e della sua giovinezza spensierata.
 
Il sentimento di rivalsa la sostiene, le dà coraggio, ma Isabelle non sa ancora che più forte dell’odio è l’amore e che ogni vendetta perde potere di fronte alle ragioni di una passione che non accetta le catene del dovere, soprattutto quando distruttivo e autodistruttivo.
 
La vendetta di Isabelle” è davvero un romanzo da leggere senza fretta, per assaporarlo, in cui personaggi ben costruiti e una rigorosa ambientazione storica consentono al lettore di entrare tra le pieghe della trama, immedesimandosi con gli “attori”, osservando e, nello stesso tempo, vivendo le loro sconfitte, i loro successi, i desideri e i rimpianti.
 
Un altro punto di forza del libro è la capacità dell’autrice di calarsi nella mentalità del Seicento francese. Elemento fondamentale per la buona riuscita di un romanzo storico e istruttivo per noi lettori. Se davvero ci lasciamo trasportare dalla magia della narrazione, infatti, possiamo non giustificare, ma di certo capire le ragioni profonde che stanno dietro a ogni pensiero e gesto, anche quello più brutale, architettato e compiuto dai personaggi.
 
Soprattutto diventano più chiari gli scopi, le riflessioni e, in generale, la linea di condotta del Re Sole, personaggio storico affascinante, contraddittorio, magnetico, in grado di plasmare un’intera epoca, di creare un universo il cui scheletro è rappresentato da un cerimoniale complesso, gerarchie fisse e piuttosto stabili e scelte politiche talvolta discutibili ma mai lasciate al caso o agli umori e alle aspirazioni personali di Luigi “uomo”.
 
Isabelle segue il gioco del sovrano e, del resto, non ha altra scelta, ma come Angelica sa ribaltare le situazioni per trarne un vantaggio, riesce a intuire il momento giusto in cui inserirsi negli ingranaggi della corte e manovrare, per quanto possibile, gli eventi. Lo stile dell’autrice è scorrevole e senza inutili orpelli, benché non manchino descrizioni dettagliate di ambienti, personaggi e sentimenti.
 
Mi è piaciuto molto il modo personale con cui Marta ha saputo “giocare seriamente” con la Storia, inventando, narrando, romanzando, ma senza mai perdere di vista i cardini su cui poggiava la vita nel Seicento. Insomma la scrittrice ha saputo ricreare il passato e il suo amore per la Francia è ben evidente in ogni sua parola.
 
Quando un autore scrive con amore e per amore il lettore se ne accorge e non può fare altro se non augurarsi di leggere presto nuovi romanzi così pieni di passione.
 
 
Il libro
 
Titolo: La vendetta di Isabelle
 
Autore: Marta Savarino
 
Casa editrice: autopubblicato
(precedentemente, in prima edizione, La Mela Avvelenata Bookpress)
 
Pagine: 286
 
Prezzo: 1,43 euro per la versione kindle; 10,94 euro per la versione cartacea
 
Anno di pubblicazione: 2014
 
 
 
Trama
 
Francia, 1691 Isabelle Morens lascia per sempre la sua città natale per raggiungere Versailles con il preciso intento di vendicare la morte dei suoi familiari e del suo promesso sposo, voluta e ordinata da Luigi XIV, il Re Sole. Lungo la strada incontra Jacques, che la salva da un’aggressione e la accompagna fino a Parigi, meta comune. I due giovani si innamorano e Isabelle confessa a Jacques i suoi propositi di vendetta senza però sapere che l’uomo altri non è se non il figlio illegittimo proprio del sovrano. L’uomo nasconde la vera identità non rivelandole i propri natali, né di essere il Conte di Portchartain. Una volta giunti a Parigi le loro strade si dividono. Qui Isabelle trova ospitalità presso la famiglia Arnaud, lavora come cameriera presso la locanda di loro proprietà e stringe amicizia con la figlia della coppia, Jeanne. Tra le due nasce un legame fraterno e la giovane locandiera decide di aiutare l’amica a portare a termine il suo piano. Intanto Jacques è rientrato a Corte dove lo attende il padre, il re, che ha intenzione di coinvolgerlo nel suo prossimo progetto politico, trascinando anche il Maresciallo Nicolas de Catinat.
Le vite di Isabelle, Jacques, Nicolas e Jeanne, uomini e donne di ceti sociali tanto differenti ma più simili di quanto avrebbero mai potuto immaginare, si ritrovano incrociate contro ogni aspettativa e riusciranno a cambiare un destino che per loro sembrava già scritto. Due storie d’amore si intrecciano in questo romanzo storico ricco di suspense e colpi di scena. Ogni tassello andrà a posto e vivrete un’avventura coinvolgente, capace di trascinarvi indietro nel tempo.
 
 
L’Autrice
 
Marta Savarino nasce a Torino nel 1981, è sposata e ha due bambine. Lavora come impiegata in banca e da quando è ragazzina ha la passione per la lettura, in particolare romanzi storici anche se il suo scrittore preferito è Stephen King. Ama viaggiare, la storia francese e i romanzi che ha scritto testimoniano il suo amore per la Francia e la Scozia, paesi che ha avuto la fortuna di visitare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Per saperne di più
 

mercoledì 27 maggio 2015

Recensione “Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore” di Massimo Centini

L’agghiacciante vicenda che ebbe come teatro i bassifondi della Londra vittoriana, nello specifico la tristemente nota Whitechapel dell’East End non ha un solo protagonista, ovvero quello che noi tutti conosciamo come Jack lo Squartatore.

Attrici principali di una tragedia che di certo non volevano recitare furono anche le prostitute vittime di questo mostro ancora senza identità. Donne che non avevano davvero alcuna colpa se non quella di trovarsi nel momento sbagliato in un luogo ancor più sbagliato a condurre una vita fatta di sofferenze e povertà. Mary Ann Nichols, Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes, Mary Jane Kelly e, chissà, forse altre sfortunate la cui sorte non si riuscì a ricollegare, per vari motivi, allo Squartatore, divennero loro malgrado protagoniste di una morte atroce che le avrebbe consegnate alla storia della criminologia insieme al loro carnefice.

Su Jack lo Squartatore si è detto tutto e il contrario di tutto, non sono mancate opere di un certo spessore come quella della celebre Patricia Cornwell, “Ritratto di un assassino. Jack lo Squartatore – Caso chiuso” (analizzata alla perfezione nel saggio che vi propongo oggi) che, purtroppo, ha la non indifferente pecca di poggiare le basi delle ipotesi su un terreno piuttosto friabile.

Film, romanzi, racconti, teorie su teorie che, ci piaccia o meno, un riscontro assoluto forse non lo avranno mai. Pare, insomma, che il folle "Jack" sia riuscito a compiere dei delitti talmente perfetti da smentire perfino Hitchcock, prima ancora che questi potesse esprimere il concetto a causa di un ovvio divario cronologico.

Non solo: gli orrendi omicidi di Whitechapel sembrano, ormai, essere destinati più ai film o ai libri horror che alla seria indagine criminologica e, dunque, scientifica. In effetti stiamo parlando di una storia così sinistra, talmente feroce che la mente si rifiuta di ritenerla reale.

Riflettiamo: la Londra cupa, austera, in cui la ricchezza e l’opulenza guardavano dritto negli occhi la miseria e le turpitudini e in cui operava "Jack" è molto simile alla Londra in cui, non molti anni dopo, l’immaginazione di una bravissima scrittrice farà planare la fata (o strega?) di nome Mary Poppins, accompagnata dal suo ombrello magico, destinazione Viale dei Ciliegi 17 (Viale dei Ciliegi e Whitechapel: i nomi possono essere talmente rassicuranti, in grado di celare davvero dei mondi staccati dalla realtà, o che sembrano tali).

Insomma è necessario fare ordine nel caos di teorie e rimandi, basarci sui fatti, ricostruire la vera storia di Jack lo Squartatore, pur sapendo che non è ancora possibile scrivere la parola fine. Proprio questo è il compito dell’esauriente e inquietante (per il tema trattato) saggio di Massimo Centini, “Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore, edito da Yume Book.

L’opera parte dai pochi ma importanti punti fermi, gli unici a disposizione: il modus operandi di Jack lo Squartatore, dopo analisi dal punto di vista psicologico e criminologico, ha indotto gli studiosi ad annoverarlo tra i serial killer. I delitti compiuti furono, come abbiamo già accennato, caratterizzati da inaudita violenza, lo scempio dei corpi è ancora oggi sotto i nostri occhi grazie alle foto e alle illustrazioni d’epoca, generando quel senso di paura e impotenza che l’opinione pubblica ha condensato nel termine “mostro”.

Questi orrori, però, vennero compiuti con una freddezza e una precisione tali da indurre investigatori e criminologici a ritenere che l’assassino avesse buone conoscenze di anatomia e potesse perfino essere un medico.

La cornice dei fatti fu la Londra vittoriana di fine Ottocento, 1888 per la precisazione, bigotta, ipocrita e paternalista. Le vittime erano prostitute, donne povere e sopraffate da una società che le teneva ai margini e si guardava bene dal tentare di risolvere tristi situazioni sociali perfino quando, inconsapevolmente, l’assassino di Whitechapel scoperchiò il Vaso di Pandora nell’East End, come sottolinea Massimo Centini.

Partendo da questi fatti l’autore descrive il luogo degli omicidi e la società che, in qualche modo, ha permesso che avvenissero. Poi analizza in maniera particolareggiata ma mai volgare o truculenta tutti gli omicidi avvenuti per mano di "Jack", caso per caso.

La narrazione, però, non resta confinata a questo pezzo fondamentale di storia della criminologia, ma prosegue, si allarga con alcune domande a cui Centini dà risposte esaustive, abbracciando le teorie portanti della criminologia moderna: chi è un serial killer? Quali sono le discriminanti che consentono di annoverare un omicida in questa categoria? Quali sono le motivazioni che spingono a compiere atti del genere? Qual è l’identikit tipo del serial killer? Come opera? E’ sempre possibile considerarlo un folle? Qual è la definizione di mostro e di diverso?

Da qui Centini analizza altri celebri casi di assassini seriali come, per esempio, quello del mostro di Firenze, una vicenda che sconvolse l’Italia e ancora adesso mette i brividi. In ambiti come questo la diversità è negativa, oscura, diventa devianza, patologia, ma non tutti quelli che furono chiamati “mostri” e per questo motivo ostracizzati dalla società, furono esempi di male assoluto. Al contrario.

Nel saggio l'autore riporta la storia di un giovane che sono stata contenta di ritrovare e rileggere; quella dell’uomo “elefante” Joseph Merrick (1862-1890) contemporaneo del malefico Jack. Dico questo perché conosco bene la storia di Joseph; lo “incontrai” per la prima volta attraverso il film di David Linch (1980) e provai per lui una tenerezza infinita, la stessa che mi ha accompagnato quando ho cercato notizie sulla sua vita e che mi accompagna ancora oggi quando risento il suo nome. Merrick fu vittima due volte: della malattia che lo aveva reso irriconoscibile e dell’umanità che non riesce a guardare quasi mai oltre le apparenze, ma deve etichettare tutto, persino ciò che non può essere catalogato, soprattutto ciò che le fa paura perché “diverso”.

La storia di "Jack" e quella di Joseph sono speculari in un certo senso: il primo è un mostro perché commette il male, ma è imprendibile, un’ombra che fa paura perché ignota, oltre che brutale. Il secondo è bollato come mostro pur non avendo mai commesso azioni contro la collettività, in grado di incutere terrore perché la sua deformità è evidente, la sua figura tangibile nella diversità fisica.

Centini, però, non si ferma a questa analisi, ma ci spiega quanto termini come serial killer o, appunto, mostro debbano essere applicati dopo un’attenta valutazione fatta caso per caso, poiché ogni assassino ha particolarità, manie e personalità non sempre riconducibili a parametri e categorie “standard”; parliamo di definizioni “mobili”, in continua evoluzione insieme alla scienza e per questo impossibili da ingabbiare in “cassetti” di singole discipline poi messi a far polvere dentro qualche antico studio universitario altrettanto polveroso.

Il saggio prende in considerazione le teorie sull’identità dello Squartatore, gli errori nelle indagini e le finte piste (un punto nodale furono le lettere inviate, forse, dall’assassino alla polizia) e gli immancabili, purtroppo, emulatori.

“Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore” è un libro completo, ideale per chi vuole davvero andare oltre la grande confusione che infittisce ancora di più il mistero di Whitechapel, liberarsi di stereotipi e capire davvero cosa accade.

Lo stile è asciutto, diretto, mai scontato né “facile”, frutto della vera ricerca, del grande lavoro sulle fonti che si trasforma in assoluta padronanza dell’argomento e nel tono divulgativo ma non banale, nella bravura e nella cura del testo che sono la firma di Massimo Centini.

L’unica cosa che manca è la conclusione: sì, perché noi non sappiamo chi uccise le prostitute di Whitechapel e c’è il serio rischio che nessuno lo sappia mai.

La storia è, purtroppo, incompleta e questo non fa che rendere l’enigma ancora più inquietante.

“Jack” ormai è morto ma, sarà una mia personalissima suggestione, ho come l’impressione che, ovunque sia ora, se la stia ridendo alla grande, con malignità, ogni volta che ci osserva fare congetture o leggere libri su di lui, unico custode di una macabra verità che lo ha reso, purtroppo, immortale.


Il Libro

Titolo: Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore

Autore: Massimo Centini

Casa editrice: Yume Book

Pagine: 160

Prezzo: 15 euro

Anno di pubblicazione: 2014





Sinossi

Autunno 1888, un serial killer chiamato Jack lo Squartatore infuria nel quartiere londinese di Whitechapel. I brutali omicidi si susseguono e i giornali ne parlano a lungo, spuntano lettere scritte dal presunto assassino ma, in quello che è stato il caso irrisolto più conosciuto al mondo, l'identità del "mostro" rimarrà sconosciuta. Massimo Centini indaga tra i documenti e racconta una storia raccapricciante, senza tralasciare le teorie più suggestive e inquietanti, frutto di ipotesi formulate grazie alle tecniche più moderne; senza dimenticare i profili realizzati dall'FBI e gli studi sul DNA, fino ad arrivare a proporre la possibile identità del killer.


L’Autore


Massimo Centini è nato a Torino nel 1955. Laureato in Antropologia culturale presso la facoltà di Lettere e Filosofia della sua città, ha pubblicato vari libri con Vis Vitalis, alcuni dei quali allegati al quotidiano La Stampa. Autore di numerosi saggi per case editrici nazionali (Mondadori, Newton & Compton, Piemme, La Stampa e altri), ha al suo attivo alcuni volumi tradotti in varie lingue. Docente di Antropologia culturale presso la Fondazione Università Popolare di Torino, insegna “Storia della criminologia” ai master organizzati da MUA – Movimento Universitario Altoatesino – di Bolzano.




Per saperne di più

La pagina Fb della casa editrice Yume Book.

La pagina dedicata al saggio sul sito della Yume Book.