giovedì 23 ottobre 2014

Anteprima. “Livia e Laura” di Francesca Rossi

Approfitto di questo spazio per segnalarvi l’uscita, proprio oggi, del mio nuovo romanzo “Livia e Laura”, edito da Genesis Publishing.

Due vite scorrono parallele, quella cinquecentesca della Baronessa di Carini e l’altra, novecentesca, della contessa Livia Altamura, in una storia d’amore, misteri, tradimenti e silenzi.

Vi segnalo anche il blogtour e l’iniziativa indetta dal blog “The Bibliophile Girl”, entrambe collegate al romanzo.

Non voglio aggiungere altro. Lascio a voi la lettura e commenti.


Dati del Libro
 
Titolo: Livia e Laura

Autore: Francesca Rossi

Casa editrice: Genesis Publishing

Formato: ebook

Pagine: 299

Prezzo: 3.90 euro

Data di Pubblicazione: 23 ottobre 2014





Sinossi

Palermo, anni Cinquanta. La giovane contessa Livia Altamura vive con il padre, uomo che pretende di avere il controllo assoluto sulla vita di sua figlia e, sistematicamente, quasi traendone un piacere perverso, si diverte a soffocarne ogni aspirazione, perfino quella di diventare medico. Livia, seppur oppressa da questa situazione, non ha il coraggio di sottrarsi all’autorità paterna, dilaniata dal desiderio di indipendenza e dal dovere di assecondare le convenzioni sociali. Il senso di inadeguatezza che l’attanaglia trova conforto nel ricordo, sempre vivido, della voce di sua madre, morta quando lei era molto piccola e dei versi del poemetto dedicato alla Baronessa di Carini, che la donna le cantava per farla addormentare. Per Livia il passato è avvolto in una nebbia fitta e oscura che nessuno, inspiegabilmente, vuole aiutarla a dissipare, mentre il futuro sembra già scritto negli imperscrutabili disegni di don Enrico Altamura. Una sera, però, la vita della ragazza ha una svolta inaspettata e sorprendente. Durante una gita tra amici al castello di Carini, le sembra di scorgere in uno specchio l’immagine di una mano insanguinata e di una giovane donna che tenta di lanciarle un misterioso messaggio. A chi appartiene quel viso pallido e spaventato? Potrebbe trattarsi del fantasma della baronessa Laura Lanza che, secondo le leggende, vagherebbe ancora nel castello dopo il suo cruento assassinio? Angosciata dal dubbio che la strana apparizione non sia il frutto della sua immaginazione, Livia decide di approfondire la storia di Laura, unico legame con la madre sopravvissuto al tempo e all’ostracismo del padre. Da quel momento le vite delle due nobildonne si intrecciano, sovrapponendosi a dispetto dei secoli che le separano, in bilico tra amori impossibili e matrimoni imposti, sogni e doveri, verità e inganni, tradimenti e oscuri silenzi che raggiungono il culmine nel colpo di scena finale. Alla storia fa da sfondo una Palermo sospesa tra il passato e il presente, dove la luce lascia distinguere i contorni accennati di leggendarie ombre che non hanno mai smesso di manovrare i fili del potere in Sicilia. Le ombre occulte dei Beati Paoli.


L’autrice

Nasce a Roma e da sempre coltiva una grande passione per la lettura, la scrittura, il mondo arabo e i viaggi. Dopo la laurea in Lingue e Civiltà Orientali a La Sapienza, si trasferisce per un periodo ad Alessandria d’Egitto, per approfondire lo studio della lingua araba e della cultura arabo-islamica. Si è da poco specializzata nel corso di Lingue e Civiltà Orientali a La Sapienza. È convinta che lo studio della Storia e la conoscenza dei temi d’attualità possano aiutarci ad avere una maggiore consapevolezza di noi stessi, del mondo che ci circonda e del nostro futuro. Non ama le etichette né le convenzioni e i suoi miti sono le grandi viaggiatrici come Alexandra David Néel e Gertrude Bell, o gli scrittori come Nagib Mahfouz ed Emilio Salgari. Ha creato e gestisce il blog dedicato al mondo arabo-islamico “La Mano di Fatima”, il sito dell’eroina francese Angelica la Marchesa degli Angeli e il blog dedicato alle donne che hanno fatto la Storia “Divine Ribelli”.


Eventi

Il blogtour del romanzo “Livia e Laura” partirà il 30 ottobre per concludersi il 25 novembre e darà ai partecipanti la possibilità di vincere una copia ebook del romanzo.

Sarà un viaggio particolare tra i misteri della Sicilia e le sue tradizioni. Il regolamento per partecipare e vincere il romanzo è molto semplice: mettere il “like” alla pagina Fb “Francesca Rossi Autrice” e commentare almeno tre tappe del blogtour.

Di seguito il link Fb dell’evento le date e i blog partecipanti:

30 ottobre, The Bibliophile Girl - La Sicilia misteriosa: il giallo irrisolto della Baronessa di Carini tra Storia e leggenda.

4 novembre, Books Hunters - Il mistero dei Beati Paoli e la presunta origine storica della mafia.

6 novembre, Francesca Rossi Autrice Blog - Il mondo di Luigi Natoli

11 novembre, Genesis Publishing Blog - La Sicilia tra Islam e Cristianesimo

13 novembre, Angolo delle Topiii - Vittime dell'onore: matrimoni combinati e matrimoni riparatori in Italia

18 novembre, Il Rumore dei Libri - I luoghi del romanzo: Palermo e Carini

20 novembre, Romance and Fantasy For Cosmopolitan Girls - L'arte dei cantastorie tra musica e dialetto, tradizione e modernità.

25 novembre, Le Passioni di Brully - interviste impossibili ai personaggi 


E non finisce qui: la bellissima iniziativa del blog “The Bibliophile Girl”, dal titolo “Viaggio Nella Palermo del 1950. Protagoniste Livia e Laura” è alla sua seconda tappa.

Nei link segnalati avrete la possibilità di leggere il primo capitolo del romanzo e commentarlo o fare domande che verranno riunite in una intervista finale.

Presentazione dell’evento: Benvenuti a tutti coloro che desiderano intraprendere questo viaggio fra i colori e i profumi della Palermo del 1950. In esso, potrete conoscere donne di altre epoche: la Contessina Livia d'Altamura e la Baronessa Laura di Carini, le quali vite si intrecceranno inesorabilmente fra le maglie del destino. Sei "fermate", dislocate un giorno a settimana, per un totale di sei settimane; in ognuna avrete la possibilità di leggere un estratto del primo capitolo. Qui, voi, potrete lasciare i vostri commenti e una domanda rivolta all'Autrice. Qualsiasi curiosità - sui personaggi, sulla storia, sulla scrittrice - sarà ben accetta. Al termine del Tour, verrà pubblicata un'intervista con tutte le risposte alle vostre domande. Gli articoli saranno presenti sul Blog "The Bibliophile Girl" e l'intervista verrà pubblicata su "Writing with Genesis Publishing". Partecipate numerosi, questa storia vi terrà col fiato sospeso! Un romanzo da non perdere!

Prima Tappa

Seconda Tappa


Per saperne di più

La pagina dedicata al romanzo sul sito della Genesis Publishing, con booktrailer, dati del libro e parere dell’editore.

Il mio sito.

Il mio blog personale

La pagina Fb

Il profilo Twitter

giovedì 16 ottobre 2014

Recensione: “I Processi a Luigi XVI e Maria Antonietta. Dal trono al patibolo” di Giorgia Penzo

Sapete che giorno è oggi? L'anniversario della morte di una delle donne più celebri, mitizzate e, nello stesso tempo, schiaffeggiate dalla Storia: Maria Antonietta.
Un personaggio sfaccettato su cui molto si è scritto e detto e che il blog "Divine Ribelli" vuole ricordare attraverso la recensione al bellissimo saggio di Giorgia Penzo, "I Processi a Luigi XVI e Maria Antonietta. Dal trono al Patibolo".

La Rivoluzione Francese ha rappresentato non solo la fine di un’epoca, ma la morte annunciata di un mondo da tempo in lento declino, una pesante porta che si è chiusa per sempre su un passato che, nonostante i difetti, ha permesso la nascita dell’era moderna (la quale, ovviamente, è tutto fuorché perfetta).
 
Per questo motivo la rivoluzione che ha portato sul patibolo i re di Francia non può essere archiviata come un fatto storico di cui tutto si sa e più niente c’è da scoprire.
 
I “semi” del futuro, che per noi è il presente quotidiano pieno di vantaggi e opportunità, ma anche svantaggi e limiti, sono stati piantati proprio negli eventi storici politici e sociali che precedettero (anche di decenni) la caduta di Luigi XVI e Maria Antonietta, persino nelle loro condanne a morte e ancora nelle stesse personalità dei sovrani, quei caratteri su cui ancora oggi tanto si discute, talvolta basandosi su menzogne che si tramandano da secoli.
 
Giorgia Penzo ha fatto un lavoro straordinario sulle fonti, nell’impostazione e nella stesura del suo saggio “I Processi a Luigi XVI e Maria Antonietta. Dal trono al patibolo, edito da Genesis Publishing. Non solo, infatti, l’autrice è riuscita a separare i fatti dalle opinioni spesso viziate dall’odio e dalla sete di rivalsa, ma ha affrontato con piglio deciso, oggettivo, insomma da vera storica un avvenimento complesso e pieno di sfaccettature.
 
Lo stile è chiaro e vi assicuro che, per livello di coinvolgimento emotivo, quest’opera non ha nulla da invidiare a un romanzo (questo mi preme dirlo per i detrattori che, sbagliando, considerano noiosi tutti i saggi).
 
Giorgia Penzo analizza le questioni che, di solito, quando studiamo la Rivoluzione Francese, diamo per scontate o, comunque, su cui non ci soffermiamo molto (e facciamo male); prima di arrivare ai processi veri e propri che videro imputati Luigi XVI e Maria Antonietta, viene delineato il concetto di assolutismo e del ruolo inviolabile, dato per diritto divino, dei re di Francia.
 
Questo primo tassello è fondamentale per capire perché è scoppiata la Rivoluzione e come si è arrivati a processare e condannare i simboli “umani e regali” dell’assolutismo e del diritto divino al governo.
 
Accanto a queste analisi molto precise, Giorgia pone le basi per la discussione sullo sviluppo, il funzionamento e la posizione della giuria penale in Francia; ciò serve per capire anche l’ascesa di un personaggio come Robespierre (e, in maniera indiretta, la sua caduta).
 
Il saggio, a questo punto, arriva al cuore dell’argomento: la ricostruzione dei processi al re e alla regina, la cui trattazione viene sviluppata riportando i fatti storici, la linea dell’accusa e della difesa, i diversi punti di vista dei protagonisti politici dell’epoca in merito alla sorte di Luigi XIV e Maria Antonietta, le sentenze e i testamenti dei due sovrani.
 
Il testo è accompagnato da ricche appendici che riportano, tra gli altri documenti, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789) e la Costituzione francese del 1791.
 
“I Processi a Luigi XVI e Maria Antonietta. Dal trono al patibolo” è un ottimo saggio in cui l’eccellente selezione bibliografica e il linguaggio scevro di elementi superflui e ridondanti sorreggono le tesi originali e profonde dell’autrice.
 
In particolare mi soffermo sull’importanza storica e politica della fuga di Varennes (21 giugno 1791): Giorgia Penzo sostiene, giustamente, che questa mossa pericolosa, azzardata da parte della famiglia reale, rappresentò il punto di non ritorno per i sovrani e l’Ancien Régime.
 
Leggendo il saggio mi sono trovata totalmente d’accordo con questa e con le altre tesi espresse; il tentativo di fuggire, infatti, gettò discredito sulla famiglia reale e, soprattutto, sul loro ruolo. La Francia perse definitivamente fiducia nel “padre” e nella “madre” regali.
 
Fu un colpo durissimo che culminò con l’eliminazione definitiva dei sovrani e con il progressivo disgregamento, anzi, una vera e propria demolizione delle personalità di Luigi XVI e Maria Antonietta (iniziate, a dire il vero, quando i due erano ancora in vita e regnavano, pur avvertendo i sinistri scricchiolii del loro universo fatto di codici in apparenza indistruttibili).
 
Se l’esecuzione di Luigi XVI rappresentò l’ultimo respiro dell’Ancien Règime sul letto di morte, una scena quasi inevitabile visti i fatti, la decapitazione di Maria Antonietta fu lo scempio perpetrato sul cadavere dello stesso Ancien Régime.
 
Maria Antonietta, lo spiega molto bene Giorgia Penzo, fu il capro espiatorio, come regine e come donna, il simbolo di tutti i mali del popolo, una sorta di “strega” da ardere sul rogo, la straniera che aveva corrotto la dinastia, la spia, la donna frivola, viziosa e incurante delle grida di dolore provenienti da quella terra che era divenuta la sua seconda patria. Il processo farsa che subì ne è la prova.
 
L’autrice del saggio mette in rilievo le mancanze della regina, i suoi intrighi più o meno consapevoli, ma la decisione di giustiziarla andò oltre tutto questo e, per citare le parole contenute nel saggio: “…derivò dall’esasperazione del popolo e fu essenzialmente il suo urlo liberatorio”.
 
“I Processi a Luigi XVI e Maria Antonietta. Dal trono al patibolo” è un saggio avvincente che ci permette di entrare nel passato francese dalla porta principale, ovvero attraverso i cancelli di Versailles.
 
La Storia, ancora una volta e grazie alla narrazione precisa e attenta di Giorgia Penzo, ci consente di scoprire noi stessi tramite le vite di chi ci ha preceduto e gli avvenimenti senza i quali, nel bene e nel male, oggi noi non saremmo qui a discutere dei nostri innumerevoli difetti e a tentare di trovare la ragione che anima il nostro mondo così complicato, eppure così vivo e vero.
 
 
Il Libro
 
Titolo: I Processi a Luigi XVI e Maria Antonietta. Dal trono al patibolo
 
Autore: Giorgia Penzo
 
Casa editrice: Genesis Publishing
 
Pagine: 250
 
Data di Pubblicazione: 23 giugno 2014
 
Prezzo: 3,20 euro
 
Formato: ebook
 
 
 
 
Sinossi
 
La storia, si sa, la fanno i vincitori. Alcuni personaggi sono diventati immortali anche grazie a gesti che non hanno mai compiuto, o frasi che non hanno mai pronunciato. Maria Antonietta, ad esempio, non disse: «Se non hanno pane, che mangino brioche». Qual è allora la verità e dove iniziano le menzogne dei detrattori? Il libro racconta il passaggio in Francia dalla monarchia di diritto divino – tipica dell’ancien règime – all’instaurazione della giuria penale propria della realtà rivoluzionaria, fino a giungere all’analisi dei processi del re e della regina che hanno segnato la fine di un’era. Cosa significava per un re essere investito del potere di regnare direttamente da Dio? Come la giuria penale – istituto di origine anglosassone – si è sviluppata in Francia? Se Luigi XVI era inviolabile secondo la Costituzione francese, com’è stato possibile processarlo? Come si svolsero le votazioni e in che clima? Ci furono brogli? Maria Antonietta era realmente colpevole dei reati che le furono ascritti? Perché la regina era così odiata dal popolo? Queste sono solo alcune delle domande alle quali questo saggio cerca di dare una risposta.
 
 
L’autrice
 
Giorgia è nata a Reggio Emilia. Dopo aver conseguito la maturità magistrale, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Parma dove si laurea a pieni voti. Le discipline a cui resta particolarmente legata sono Filosofia e Storia del diritto. Essendo da sempre interessata al passato e ai suoi protagonisti, la storia e la ricerca sono parte integrante della sua passione per la scrittura. I suoi interessi spaziano dalla mitologia classica, fino all'arte e il cinema. È autrice di diversi racconti e di una duologia urban fantasy composta dai romanzi Red Carpet e Asphodel.
 
 
 
 
 
 
 
 
Per saperne di più
 
Il blog di Giorgia Penzo.
 
La pagina Fb dell’autrice.
 
Il profilo Twitter dell’autrice.
 
Anteprima del saggio su “Divine Ribelli”.
 
La pagina dedicata al libro sul sito della casa editrice, dove troverete anche il booktrailer.
 
Scheda libro su Goodreads.
 

martedì 7 ottobre 2014

In memoria di Anna Politkovskaja

“Bisogna essere disposti a sopportare molto, anche in termini di difficoltà economica, per amore della libertà”.
Anna Politkovskaja
 
Cosa ci ha lasciato Anna Politkovskaja? Il suo esempio, la sua esistenza dedicata al giornalismo, al rispetto dei diritti umani, al senso del dovere, alla verità e il suo terribile omicidio ci hanno insegnato qualcosa? Hanno smosso davvero, nel profondo le nostre coscienze?
 
Anna ha affrontato momenti duri, capaci di piegare e spezzare chiunque; era un personaggio scomodo, che conosceva bene la paura, ma non se ne faceva scalfire, perché in lei era più forte la responsabilità di riportare ciò che vedeva, scrivere per far conoscere la realtà, per analizzarla senza filtri né restrizioni.
 
Per Anna Politkovskaja la scrittura era vita, il mezzo privilegiato per raccontare i fatti, il simbolo della libertà per cui si è disposti a morire, poiché la morte, superati certi limiti imposti, diventa una circostanza da prendere in considerazione, una compagna indesiderata ma presente, un pensiero che affiora dall’inconscio a segnalare un pericolo reale.
 
Quel pericolo, purtroppo, si è materializzato, per la giornalista russa, otto anni fa, quando il suo corpo è stato ritrovato nell’ascensore del palazzo in cui abitava, colpito da quattro proiettili.
 
Chi era Anna Politkosvaja e qual è, oggi la sua eredità morale e intellettuale? Quali sono state le conseguenze della sua morte e cosa abbiamo imparato dal suo coraggio e dai suoi scritti?
 
Una cosa è certa: non la dimenticheremo, perché relegarla nell’oblio della memoria sarebbe ucciderla due volte e fare un torto tremendo a noi stessi e a tutti quelli che credono nella libertà e amano la vita.
 
 
Vita e morte di una giornalista non rieducabile
 
“Il compito di un dottore è guarire i pazienti, il compito di un cantante è cantare. L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede”.
Anna Politkovskaja
 
Il titolo di questo paragrafo dice più di molte parole. Fu la stessa Anna Politkovskaja a definirsi “non rieducabile”. Una donna e una giornalista scomoda, difficile da affrontare e da battere, anche perché i suoi articoli facevano (e fanno ancora oggi) il giro del mondo, rendendola una delle voci russe più affermate e ascoltate in Europa e negli Stati Uniti.
 
Anna nacque nel 1958 a New York in una famiglia di diplomatici. Studiò giornalismo all’Università di Mosca, laureandosi con una tesi su Marina Cvetaeva (poetessa e scrittrice invisa al regime di Stalin, una vera “voce fuori dal coro” originale e potente).
 
Negli anni Ottanta iniziò a lavorare per il quotidiano Izvestija, uno dei più famosi giornali russi e anche tra i più antichi (venne fondato nel 1917 a San Pietroburgo, allora Pietrogrado). Dal 1994 al 1999 collaborò con la Obščaja Gazeta e proprio come inviata di questo giornale si recò in Cecenia per la prima volta, con lo scopo di intervistare Aslan Alievič Maskhadov, che era appena stato eletto Presidente della Cecenia.
 
Di questo Paese Anna parlò moltissime volte in numerosi articoli e nei libri che scrisse con stile appassionato e rigoroso, denunciando le misere condizioni di vita dei ceceni, i conflitti di cui furono vittime, la strategia politica di e le mire di Mosca su questo territorio, le violenze e l’omertà, come anche i giochi di potere che vedevano coinvolte le più alte personalità politiche cecene e russe.
La giornalista visitò in più occasioni la Cecenia, protagonista dei suoi duri e coraggiosi reportage di guerra, a fare interviste ai civili e ai militari, criticando con veemenza il governo russo e schierandosi dalla parte dei più deboli.
 
Dal 1999 fino alla morte lavorò per la Novaja Gazeta e nel 2001 dovette fuggire a Vienna perché perseguitata dalle minacce di morte di Sergei Lapin, ufficiale dell’OMON, ovvero l’unità antiterroristica della polizia russa.
 
Anna, infatti, aveva accusato Lapin di crimini contro i civili ceceni e nel 2005 l’uomo fu condannato proprio per le torture e la scomparsa di uno studente ceceno.
 
Nel 2002 Anna Politkovskaja condusse personalmente, insieme ad altri personaggi di spicco come il giornalista inglese Mark Franchetti e il politico russo Evgenij Primakov, le trattative per la liberazione degli ostaggi durante la crisi del Teatro Dubrovka.
 
Nel 2004 la reporter ebbe un malore proprio durante il viaggio verso Beslan, dove era in corso il sequestro, da parte dei terroristi ceceni, di circa 1200 persone. Come sappiamo, la vicenda terminò, purtroppo, in una terribile strage. 
 
In molti sostennero che qualcuno avesse tentato di avvelenare Anna Politkovskaja, già in volo verso Beslan e pronta a offrirsi di nuovo come mediatrice per salvare le vite degli ostaggi ma, ancora oggi, la verità rimane avvolta nel mistero.
 
Il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaja venne barbaramente uccisa. Nel corso degli anni si è detto e scritto molto su di lei, sui suoi reportage, sul fatto che fosse considerata una sorta di reietta (Anna stessa lo sostenne), una nemica da eliminare fisicamente, poiché in nessun altro modo sarebbe stato possibile metterla a tacere.
 
Si è parlato di indagini condotte male, in modo troppo sbrigativo, di responsabilità ai vertici del governo russo, di un processo lungo e pieno di ostacoli al termine del quale sono stati condannati tutti e cinque gli imputati: Rustam Makhmudov, accusato di essere il killer, sconterà l’ergastolo, come suo zio Lom-Ali Gaitukayev; i fratelli di Rustam, Dzhabrail e Ibragim Makhmudov sono stati condannati, in qualità di complici, a quattordici e dodici anni, mentre Sergei Khadzhikurbanov, accusato di aver organizzato l’omicidio, dovrà passare in carcere venti anni. 
 
All’appello, però, manca ancora il mandante dell’omicidio. Sergeij Sokolov, vice direttore della Novaja Gazeta, ha chiesto di continuare a indagare in tal senso, tenendo conto del fatto che Anna è morta proprio a causa delle sue inchieste, una delle quali, riguardante le torture commesse sui civili ceceni, doveva essere pubblicata proprio quel maledetto 7 ottobre.
 
Un tassello fondamentale di questa vicenda deve ancora essere trovato, affinché si possa scrivere davvero tutta la verità sulla morte di Anna Politkovskaja. Anche per questo motivo non possiamo e non dobbiamo dimenticare.
 
 
“L’unico dovere di un giornalista è scrivere quel che vede”
 
“Certe volte le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano”.
Anna Politkovskaja
 
Se non vi è mai capitato di leggere un articolo o un libro di Anna Politkovskaja, vi consiglio di iniziare al più presto. Ogni frase racchiude una vera e propria lezione di giornalismo.
Anna raccontava ciò che vedeva, analizzava i fatti come le si presentavano innanzi, dando testimonianza diretta delle diverse realtà che incontrava nel suo cammino.
 
La notizia, insomma, non veniva “confezionata” per il lettore, né alterata secondo canoni artistici. Veniva presentata senza fronzoli, “nuda”, affinché il pubblico potesse farsi un’opinione senza possibilità di fraintendimenti.
 
Lo stile della giornalista ricalcava, ovviamente, quello della sua personalità: schietto, determinato, coraggioso, dirompente, chiaro, incline all’analisi e all’approfondimento.
 
Anna, dunque, seppe non solo riportare e narrare, ma soprattutto spiegare e testimoniare con passione e grande umanità un pezzo importante della Storia russa di cui è stata attenta osservatrice e, in parte, protagonista, pagando davvero con la vita la legittima aspirazione alla libertà.
 
 
Conclusione
 
“Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro; il lavoro di una giornalista russa e non posso fermarmi perché è il mio dovere”.
Anna Politkovskaja
 
Qual è, allora, l’eredità di Anna Politkovskaja? La sua esistenza ci ha lasciato un grande insegnamento: l’amore per la verità, perché solo attraverso essa diventiamo liberi.
 
Anna ci ha fatto capire che possiamo, anzi, dobbiamo essere spettatori e attori del nostro tempo, osservando e scrivendo, imparando e vivendo.
 
Non ci sono segreti esistenziali da svelare, è tutto molto semplice e, proprio per questo, dannatamente difficile. Affrontare i giorni che ci sono stati concessi vuol dire che il nostro sguardo e la nostra attenzione devono essere sempre rivolti a ciò che ci circonda, alla realtà e al momento presente, soprattutto quando ciò che vediamo non ci piace.
 
Noi non siamo solo figli del nostro tempo, ma anche protagonisti di ciò che per noi è quotidianità, ma per quelli che verranno dopo rappresenterà il passato, la Storia. Siamo, quindi, i primi testimoni di ciò che è giusto e di ciò che non lo è.
 
Di tutto questo, di ogni errore e di ogni negligenza ci verrà chiesto conto persino quando, ormai, non saremo più qui per poterci difendere. 
 
Spetta a noi fare la nostra parte, vivere con pienezza, essere consapevoli, imparare a pensare con la nostra testa. Non importa se siamo o meno scrittori o giornalisti; ognuno di noi può lasciare testimonianza valida di ciò che ha visto e vissuto senza paura di essere giudicato.
 
Anna Politkovskaja era, prima di tutto, una donna. Il coraggio l’ha imparato vivendo.
 
 
Bibliografia
 
Anna Politkovskaja, “La Russia di Putin”, Adelphi, 2005;
 
Anna Politkovskaja, “Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka; le verità scomode della Russia di Putin”, Mondadori, 2007;
 
Anna Politkovskaja, “Diario russo 2003-2005”, Adelphi, 2007;
 
Anna Politkovskaja, “Un piccolo angolo d’inferno”, Rizzoli, 2008;
 
Anna Politkovskaja, “Cecenia, il disonore russo”, Fandango Libri, 2009;
 
Anna Politkovskaja, “Per questo. Alle radici di una morte annunciata. Articoli 1999-2006”, Adelphi, 2009;
 
Riscassi Andrea, “Anna è viva. Storia di Anna Politkovskaja una giornalista non rieducabile”, Sonda, 2009;
 
Massini Stefano, “Anna Politkovskaja”. Con Dvd, Promo Music, 2009;
 
Matteuzzi Francesco, Benfatto Elisabetta, “Anna Politkovskaja”, Becco Giallo, 2010;
 
Norén Lars, “Anna Politkovskaja. In memoriam”, Campanotto, 2013.
 
 
Sitografia
 
Gli articoli di Anna Politkovskaja in italiano su “Internazionale":
 
 

giovedì 2 ottobre 2014

Recensione. “Lo Strangolatore di Donne” di Massimo Centini

A prima vista la recensione che state per leggere può apparire “bizzarra”, al di fuori delle regole di questo blog, dove vengono presentate opere di autrici o romanzi con protagoniste femminili.

Un autore e studioso eccellente, Massimo Centini, racconta la storia del primo serial killer di cui si abbia notizia certa e documentata in Italia, ovvero Vincenzo Verzeni, vissuto tra il 1849 e il 1918 a Bottanuco (Bergamo); una vicenda terrificante di cui si è parzialmente perduta memoria nel nostro Paese e che torna a vivere ne “Lo Strangolatore di Donne, edito da Yume Book.

In realtà, nonostante il titolo e l’opera stessa si concentrino sulla figura di Verzeni, sono donne le tragiche, inconsapevoli protagoniste e, nello stesso tempo, le vittime in questo saggio imperdibile.

I due ruoli, infatti, si confondono, assumono contorni sempre meno definiti fino a confluire l’uno nell’altro e a restituirci la figura e i misfatti del “vampiro della bermasca”.

Donne vittime della violenza e delle perversioni di quest’uomo sadico, malato, segnato dall’ambiente e dalle condizioni familiari; protagoniste non per scelta di una vicenda macabra e fatale, non solo perché la Storia e i giornali dell’epoca conserveranno per sempre memoria dei fatti loro accaduti, ma anche perché i loro nomi sono i primi, ufficialmente, di una lunga lista di donne che hanno subito e continuano a subire violenza o vengono uccise nel nostro Paese.

A questo punto è doveroso aprire una breve parentesi sull’importanza di operare le necessarie distinzioni: facendo riferimento alla cronaca attuale e del passato è giusto ricordare che gli assassini non sempre di serial killer sconosciuti si tratta, non sempre di folli o malati; allo stesso modo la “natura” della violenza può variare anche se non muta la gravità dei fatti.

Insomma non si può generalizzare su un argomento tanto complesso e sia la criminologia, che la psichiatria e la Legge hanno fatto grandi passi avanti nell’analisi di cause, conseguenze e tipologie di situazioni e personaggi simili e, quindi, nello studio di leggi e provvedimenti mirati. Il pericolo, però, esiste e i casi di cronaca ce lo ricordano quasi ogni giorno.

Il discorso inerente ai progressi della criminologia e psichiatria interessa da vicino sia la storia dello strangolatore che la costruzione del saggio da parte dell’autore.

Dopo una breve introduzione sui delitti e le aggressioni compiute da Verzeni, infatti, Massimo Centini dedica un capitolo al padre della moderna criminologia Cesare Lombroso.

La scelta è assolutamente azzeccata per due motivi: primo, Lombroso si occupò di redigere la perizia psichiatrica per la difesa dell’omicida, studiò attentamente il caso e il suo oscuro protagonista, definendolo “sadico sessuale, vampiro e divoratore di carne umana”.

Questa definizione riassume le teorie e gli studi del medico e antropologo vissuto tra l’Ottocento e gli inizi del Novecento ed è proprio il punto di partenza attraverso il quale Massimo Centini spiega la vita e le opere, le tesi e gli studi, gli errori e i pregiudizi di e su Cesare Lombroso.

Da qui si arriva al secondo motivo suddetto, ovvero il bisogno di far luce su questo personaggio di cui fin troppo si è scritto e detto, talvolta a torto, o ancora generalizzando, semplificando troppo, sbagliando del tutto, attaccando anguste etichette viziate dall’applicazione di categorie e strumenti d’analisi non idonei.

Centini, invece, riesce a districarsi in maniera ammirevole nell’immensa mole di documenti lasciati da Lombroso e a ricostruire per il lettore non solo l’immagine di un uomo intelligente ed eclettico, ma anche di un preciso momento storico, senza ostentare né parteggiare.

Lombroso è legato indissolubilmente all’atavismo, al discusso legame tra anatomia, personalità e tendenza a commettere crimini, allo studio scientifico sulla possibilità di rieducare gli assassini, allo “spostamento” di interesse e di origine del male dall’assassinio in sé alla persona che lo commette, alla tipologia delinquenziale da lui stesso messa a punto e basata sulla fisiognomica, fino al ruolo che ebbe nel caso Verzeni e in tutta l’antropologia criminale.

Tutto questo viene analizzato con rigore e metodo scientifico da Centini. Proprio questi due fattori, insieme alla ricostruzione accurata dei fatti, all’oggettività, alla serietà, alla sobrietà e allo stile asciutto, diretto e coinvolgente, sono i pilastri su cui poggia l’intero saggio. 

Subito dopo aver sviluppato e analizzato i temi inerenti alle teorie di Lombroso, infatti, l’autore arriva al cuore dell’argomento, cioè la narrazione dell’esistenza riprovevole di Vincenzo Verzeni: l’infanzia, la famiglia e l’ambiente d’origine, gli omicidi e le aggressioni, lo scempio sui cadaveri, l’arresto, il processo, la difesa e l’accusa, le cause del modus operandi di Verzeni, il confronto con altri spaventosi casi simili del passato e anche più recenti come quelli di Gilles de Rais e il “cannibale di Milwaukee”, la definizione e la storia del vampirismo.

Centini riporta i fatti: non inventa, non abbellisce, non eccede nel raccontare l’orrore, né si compiace di tremendi particolari (una grande lezione, questa, che qualcuno deve ancora imparare).

Il volume è corredato da immagini, fotografie e da una interessantissima appendice in cui sono riportati gli atti del processo e gli articoli più importanti a esso collegati.

L'autore non ha certo bisogno di conferme o complimenti, ma è giusto e doveroso dire che “Lo strangolatore di donne” è un saggio perfetto, eccellente sotto ogni punto di vista, una vera e propria cronaca del terrore, della realtà e del male che, purtroppo, da sempre circonda gli uomini.

Un esempio di come dovrebbe essere scritto un saggio, del modo in cui ci si dovrebbe accostare a vicende terrificanti per tentare di capire quale meccanismo si innesca nella mente umana che decide di uccidere e infierire sulle vittime.

Vi consiglio di leggere attentamente “Lo strangolatore di donne”, anche nelle parti più scabrose, di riflettere sul senso del bene e del male, soprattutto in quest’epoca in cui l’orrore, talvolta, ci viene ripetutamente mostrato fino all’assuefazione, con insistenza, anche incuranza.

Al male non ci si deve abituare, perché non è parte di una realtà virtuale, ma di quella vera che viviamo ogni giorno.
 
 
Il libro
 
Titolo: Lo Strangolatore di Donne. La drammatica storia di Vincenzo Verzeni “sadico sessuale, vampiro e divoratore di carne umana”.
 
Autore: Massimo Centini
 
Casa editrice: Yume Book
 
Pagine: 191
 
Prezzo: 15 euro
 
Data di Pubblicazione: 1° aprile 2014
 
 


Sinossi
 
La drammatica storia di Vincenzo Verzeni “Sadico sessuale, vampiro e divoratore di carne umana” “Sadico sessuale, vampiro e divoratore di carne umana”… Così Cesare Lombroso, nell’articolo Verzeni strangolatore di donne pubblicato sulla “Rivista di discipline carcerarie in relazione con l’antropologia, con diritto penale, colla statistica” (1873) definiva Vincenzo Verzeni di Bottanuco (provincia di Bergamo), che, tra il 1869 e il 1871, si macchiò di alcuni crimini decisamente efferati e sconvolgenti per le modalità con cui vennero commessi. La vicenda che raccontiamo nelle pagine che seguono è storia: non ci sono impennate narrative o velleità letterarie, tutto si attiene ai fatti. Fatti tragici, violenti, truculenti, ma veri.
 
 
L’autore
 
Massimo Centini è nato a Torino nel 1955. Laureato in Antropologia culturale presso la facoltà di Lettere e Filosofia della sua città, ha pubblicato vari libri con Vis Vitalis, alcuni dei quali allegati al quotidiano La Stampa. Autore di numerosi saggi per case editrici nazionali (Mondadori, Newton & Compton, Piemme, La Stampa e altri), ha al suo attivo alcuni volumi tradotti in varie lingue. Docente di Antropologia culturale presso la Fondazione Università Popolare di Torino, insegna “Storia della criminologia” ai master organizzati da MUA – Movimento Universitario Altoatesino – di Bolzano.



Per saperne di più

La pagina della casa editrice Yume Book dedicata al libro.

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