domenica 30 dicembre 2012

Addio a Rita Levi Montalcini

Rita Levi Montalcini (Torino 22 aprile 1909-Roma 30 dicembre 2012) 

Si è spenta nella sua casa di Roma Rita Levi Montalcini, una donna determinata e tenace, premio Nobel per la Medicina (1986), signora e scienziata. Un grande esempio per le tutte le donne, ma anche per tutti gli uomini.

venerdì 21 dicembre 2012

Piccole Avventure di una Pallina di Natale

Con questo post il blog Divine Ribelli vi augurà Buone Feste e vi annuncia che riprenderà l'attività, con novità ed interessanti post, subito dopo l'Epifania.
Per voi un tenero racconto che scrissi un anno fa. Spero vi piaccia :-) BUON NATALE E FELICE 2013!!!

Piccole avventure di una pallina di Natale

Forse oggi è il gran giorno: sento dei passi familiari che si avvicinano alla nostra scatola … Sarà davvero cosi? Siamo tutte in trepidante attesa … I passi si avvicinano … Si qualcuno ci solleva! Ma non cosi forte! Aiuto ROTOLO! Ecco, lo sapevo sono andata ad urtare quell’antipatica pallina rosa e presuntuosa. Solo perché è di vetro crede di essere più bella di noi, semplici palline di plastica. Ma chi è che ha sollevato questa scatola? Ci sta sballottando di qua e di là … Mi gira la testa!! E tu, odiosa pallina di vetro che hai da guardarmi furibonda attraverso le tue insipide decorazioni dorate applicate? Sei troppo appariscente e grande. Sei grassa. E comunque non ti ho urtato di proposito, non vedi che traballiamo tutte neanche fossimo in alto mare? Questo terremoto non finisce mai? Amiche mie aggrappiamoci con i gancetti ai festoni! Perfida pallina di vetro, vicino a me dovevi metterti? Un momento: forse ci stanno posando a terra. Prepariamoci a planare sul tappeto morbido … AHI! Che tonfo! Non era il tappeto, erano i mattoni! State tutte bene palline e decorazioni? Mi fa piacere sentire di nuovo il vostro allegro vociare. Quando apriranno la scatola? Pallina di vetro sei perfida! Mi hai urtato di proposito! Stai attenta, potresti romperti. Anzi, ci penso io a ridurti in mille pezzi! Mi sposto verso di te in tutta la mia rotondità, non hai scampo! … Ecco che aprono la scatola! Pallina stupida la mia vendetta è solo rimandata. 

Evviva ci tirano fuori! Natale è arrivato! Che bello essere di nuovo tutte qui insieme e vedere ancora i pezzi del presepe e la casa. Quanto tempo! Un anno è lungo, soprattutto quando bisogna stare zitte e buone dentro una scatola marrone anonima in fondo ad una grande cantina scura. Passiamo il nostro tempo in un magico letargo, sognando il prossimo Natale, ma talvolta ci risvegliamo per chiedere alla scatola in che momento dell’anno siamo. La scatola è il nostro tramite con il mondo esterno. E’ lei a girare la nostra domanda alla finestra della cantina, che puntualmente risponde, grazie ai suoi occhi sul mondo là fuori. Quando inizia l’autunno cominciamo ad entrare in agitazione e dormire diventa impossibile. Ora siamo di nuovo al nostro posto, sull’albero e guardiamo il grande salone della casa. Non è cambiato nulla. In realtà sono le persone che ci appendono ai rami ad essere leggermente cambiate: la mamma ha un nuovo taglio di capelli, il papà è un po’ più vecchio dello scorso anno, la figlia è ormai una giovane e bella ragazza. Devo chiedere ai soprammobili vicino a me; sicuramente loro potranno aggiornarmi su tutte le notizie e i fatti accaduti in questi lunghi mesi. Cosa mi dicono? Il figlio maschio ha avuto una bimba! Meraviglioso! Allora vedremo presto la nuova arrivata! 

Dove è stata messa quella prepotente pallina di vetro? Ah, eccola lì, al centro dell’albero, posizione privilegiata. Come al solito. E pensare che lei è tra noi da solo un anno, mentre qui ci sono palline che hanno anche dieci anni, se non di più. Ne hanno, loro, di storie da raccontare. Per fortuna ora ognuna di noi ha il suo posto. La casa è tutta decorata con presepi in miniatura e ghirlande. Chi vedo laggiù? Oh no! Il gatto bianco! Quest’anno, poi, è più grasso del solito! Via gattaccio stai lontano da qui! Amiche mie, tranquille e tenetevi ben salde ai rami. Ecco quel nasone umido che si avvicina! No, ti prego non metterlo sulla mia faccia! Ah che schifo! Meno male, si sta allontanando. Gatto? Che fai? Dove vai? No, sotto l’albero no, ti prego, non scuoterlo! AIUTO! Ma dove sono i padroni di casa? Fermo palla di pelo, ci farai cadere tutte! In un attimo vedo il puntale blu precipitare dall’estremità dell’albero e cadere rovinosamente sul presepe. Puntale sei ferito? Sembra di no, ma il gatto vuole giocare con lui. Oh povero puntale! Lo sta facendo rotolare per terra. Finalmente è arrivata la mamma! Rimprovera quel gattaccio e che non torni mai più!

La famiglia ora è riunita nel salone. Stanno apparecchiando la tavola per il cenone. Che bei momenti. Il papà, intanto, sta sistemando i regali sotto di noi. Le scatole colorate ci mostrano i loro sorrisi smaglianti. Sanno di contenere i regali desiderati. Suonano alla porta. E’ il figlio con sua moglie e la sua bambina. Tutta la famiglia è intorno alla piccola. La chiamano Eliana. Che nome dolce … Lei, però, non li guarda, perché ha già visto tutti noi. Forza presepe! Forza palline! Scintillate tutti! Lucette illuminateci come non avete mai fatto. Puntale stai un po’ più dritto. Capisco che dopo l’attentato del gatto tu sia un po’ disorientato, ma questo è il nostro momento! Eliana si avvicina. E’ in braccio a sua madre, tutta vestita di rosa, le braccine tese verso di noi. Che gioia! Vuole acchiapparci. La mamma le fa appena sfiorare la perfida pallina di vetro e mi pare di vedere anche sul volto solitamente senza espressione di quella brutta decorazione rosa, una espressione di tenerezza. Ma allora anche questa cattivona ha un cuore dentro a quella mostruosa rotondità dipinta! Eliana sfiora me ora! Che manine piccole e delicate! La piccola non vorrebbe venir via di qua, ma i nonni la chiamano. E’ ora di cena. Più tardi la vedrò scartare i suoi primi regali. Che emozione! Questa è la magia del Natale: lo sguardo innocente di un bambino e, perché no, la bellezza di noi decorazioni, anche quelle più appariscenti, che hanno ancora tanto da imparare da noi, sobrie decorazioni di plastica. E’ per questo che esistiamo: dar gioia agli occhi e colorare l’atmosfera della gioia del Natale. Francesca Rossi 

Racconto apparso per la prima volta nella raccolta Diario D'Inverno del blog Diario di Pensieri Persi.

mercoledì 12 dicembre 2012

Matriarcato. Quando il mondo apparteneva alle donne

Un mondo governato dalle donne, in cui gli uomini hanno un ruolo subordinato o addirittura marginale. Un totale rovesciamento di prospettiva rispetto a ciò a cui siamo abituati. Per molti questo è il matriarcato; un’età lontana, dimenticata, insabbiata in cui la suddivisione dei ruoli tra i due sessi era molto diversa da ciò che accade nel nostro mondo moderno.

Cos’è davvero il matriarcato? E’ mai esistita una società retta dalle donne? Come era strutturata? Quali sono le teorie degli studiosi in merito? In che modo l’Arte ha interpretato il matriarcato?

Queste sono solo alcune delle domande che questa sezione vuole portare in superficie tentando, se non di dare una risposta certa, almeno di approfondire questo tema. Di sicuro non si può iniziare senza cercare di definire il matriarcato: un tipo di società, di governo amministrato dalla “madre” o “matriarca”, ossia la donna più anziana della comunità. 

Di riflesso rispetto al suo potere, ogni donna occupa un posto privilegiato in tali società. Secondo le teorie di studiosi come Bachofen il matriarcato risalirebbe addirittura al neolitico e la suddivisione dei compiti tra uomini e donne sarebbe stata molto rigorosa: ai primi la caccia, alle seconde l’organizzazione e l’amministrazione della comunità.

Perché questo prestigio legato alla figura femminile? A quanto pare la capacità di procreare avrebbe reso la donna una sorta di “creatura eccezionale”, in quanto capace di dare la vita. Questo prima che si scoprisse il ruolo maschile nella procreazione. 

Tra il 1914 ed il 1918 Malinowski studiò i popoli aborigeni delle Isole Trobriand (Melanesia), deducendo che la loro società fosse non solo matriarcale, ma anche matrilineare. Questa differenza è importante: infatti si definisce matrilineare l’asse ereditario che segue la via materna, al contrario di quello patrilineare. 

Grazie alle sue ricerche Malinowski arrivò a sostenere (benché non fosse stato il primo a farlo), che il matriarcato si diffuse prevalentemente nelle società tribali. Le teorie di questi due ricercatori non sono condivise da tutta la comunità scientifica e ancora oggi il dibattito è aperto ed in costante evoluzione. 

Per molti la prova del matriarcato sarebbero le Veneri preistoriche, statuette che raffigurano, enfatizzandoli, i tratti fisici femminili. Di fatto, però, non c’è un accordo unanime nel considerarle oggetti religiosi, fulcro di un culto vero e proprio.

Non solo: l’esistenza di queste statuette non sarebbe ricollegabile, al di là di ogni ragionevole dubbio, all’esistenza di una comunità amministrata dalle donne sotto il profilo economico ed amministrativo. 

La presenza di culti dedicati ad antiche dee come Cibele ed Ecate, la cui importanza e le cui caratteristiche si sono trasformate nel tempo, sembrerebbe avvalorare la tesi della Dea Madre originaria, la Terra da cui nascono i frutti che permettono la sopravvivenza umana. 

 Il dibattito sul matriarcato non è stato privo di risvolti polemici ed ideologici, contribuendo ad infittire il manto di nebbia che da sempre accompagna tale argomento. Questa sezione si propone di affrontare la materia nel modo più rigoroso possibile, segnalando i dibattiti che non appartengono alla sfera propriamente scientifica.

giovedì 6 dicembre 2012

"Divine Ribelli" sostiene il romanzo di Cristina Zavettieri "Il Figlio Ribelle"

Non è solo per una questione di affinità tra nomi che il blog "Divine Ribelli" ha deciso di sostenere il romanzo dell'esordiente Cristina Zavettieri, "Il Figlio Ribelle"

Il sogno di questa autrice comincia ora ed il suo talento merita davvero di essere scoperto. Tutti noi abbiamo la speranza di vedere presto "Il Figlio Ribelle" pubblicato da un editore.

Un romanzo d'amore e d'avventura, in cui è forte il potere dei desideri e della speranza, con un'eroina che presto sarà protagonista anche di altri post di approfondimento e, ne sono certa, entrerà nei vostri cuori. Potete leggere i primi capitoli online, farvi un'idea dello stile di Cristina ed entrare nel suo mondo. 

E' il momento di presentare "Il Figlio Ribelle".


Vendetta. 

 Passione. 

Inganno.

 Alla corte dei Borbone in una Napoli indimenticabile. 


Il LIbro

Titolo: Il figlio ribelle 

Autore: Cristina Zavettieri

Genere: Romance Adult

Numero di pagine: 300 pp. ca. 












Sinossi
 
Nel Regno delle Due Sicilie di Ferdinando I di Borbone, si racconta di Federico Dalla Croce, e della bella che rapì il suo cuore, Bianca Di Albano. Tra segreti, guerre e balli in maschera, l’amore che voleva essere consumato e doveva essere ascoltato. Una storia avvolgente e sensuale tra un anticonformista e ribelle baronetto e una dolce quanto pericolosa donzella in una Napoli vivace e tumultuosa. 


L'autrice

Cristina Zavettieri è una giovane donna nata nell'estremo Sud della Calabria, è amante della scrittura e della lettura da sempre, ma anche del disegno e dell’arte tant’è vero che sin da bambina, quando ancora non sapeva scrivere, accompagnava le sue storie ai disegni acerbi dei suoi personaggi. Sul mondo del web è conosciuta per aver scritto diversi anni all'interno della piattaforma di EFP (sito italiano di fanfiction e storie originali). Il Figlio Ribelle è il suo primo romanzo, forse il più conosciuto perché di anteriore pubblicazione, presentata con cadenza settimanale a capitoli come romance sul popolare sito di fanfiction. I generi che preferisce nel mondo della letteratura sono il paranormal, il distopico e il romance storico e contemporaneo. Ha un animo sensibile e sognatore che preferisce stimolare con una buona musica di sottofondo, immergendosi magari nella natura, nei boschi e nelle foreste che – sotto sotto – crede siano incantate. Per saperne di più, visitate il sito dell'autrice.

domenica 2 dicembre 2012

Rosa Parks. Il rifiuto che cambiò la Storia

“The Woman who didn’t stand up”. “La donna che non si alzò”. Cosi è conosciuta e ricordata ancora oggi Rosa Louise McCauley Parks (1913-2005). Proprio ieri, 1° dicembre, l’anniversario di quel gesto cosi piccolo, ma talmente forte da deviare il corso della Storia negli Stati Uniti e non solo. 

Rosa Parks, sarta metodista di Montgomery, Alabama, si unì al Movimento per i Diritti Civili nel 1943, fino a divenire segretaria del NAACP (National Association for the Advancement of Colored People). 

Suo marito, Raymond Parks, era un attivista impegnato da molti anni sul fronte dell’uguaglianza razziale e dei diritti dei lavoratori. I due si sposarono nel 1932 e condivisero non solo l’intera esistenza, ma anche gli ideali di libertà. 

Il primo giorno di dicembre del 1955 Rosa salì sull’autobus, come ogni giorno, per ritornare a casa. L’unico posto disponibile si trovava nella parte anteriore, riservata ai bianchi e, dunque, interdetta agli uomini ed alle donne di colore.

Rosa non ci pensò due volte ed andò a sedersi proprio lì. Poco dopo salì un passeggero bianco, che rimase in piedi. Il conducente, James Blake, ordinò a Rosa di cedere il posto e di tornarsene nella parte destinata ai neri. La donna, però, rifiutò di farsi intimidire ed essere maltrattata una volta di più e disse di no. 

Blake, allora, fermò il mezzo e chiamò la polizia. Rosa Parks venne arrestata per aver violato le norme della città e le leggi sulla segregazione razziale. Quella sera stessa un giovane e sconosciuto Martin Luther King si riunì con altri leader della lotta ai diritti civili per decidere le mosse da opporre ad un avvenimento di tale portata. 

Il giorno dopo iniziò un colossale boicottaggio dei mezzi pubblici, che durò per ben 381 giorni ed è ricordato ancora oggi. Martin Luther King, parlando del gesto compiuto da Rosa, disse: “Rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future”.

Da quel momento la donna divenne un simbolo della lotta per i diritti civili negli Stati Uniti e venne ricordata come “la madre dei diritti civili”. Il suo caso arrivò fino alla Corte Suprema, che nel 1956 dichiarò l’incostituzionalità della segregazione razziale sugli autobus in Alabama.

La sua vita, però, non divenne più semplice. Al contrario. Subì intimidazioni e perfino minacce di morte che la obbligarono a trasferirsi a Detroit per ricostruirsi una nuova vita. Nel 1987 fondò il “Rosa and Raymond Parks Institute for Self Development” in memoria del marito morto nel 1977 e delle lotte affrontate insieme. 

Nel 1999 ricevette dal Congresso la Medaglia d’Oro. Il gesto di Rosa Parks è considerato il punto di partenza del lungo percorso che portò al Civil Rights Act del 1964, che abrogò le leggi razziali di Jim Crow, emanate tra il 1876 ed il 1965. 

Queste norme sulla segregazione, infatti, sancivano la separazione di bianchi e neri in tutti i luoghi pubblici, dai mezzi di trasporto alle scuole, secondo il principio del “separati ma uguali”. Il coraggioso “no” di Rosa provocò un tumulto nelle vite degli americani (e non solo) scuotendo le coscienze e spingendole a porsi domande considerate, fino ad allora “sconvenienti”

Tra i film che vennero dedicati o che si ispirarono alla vicenda di Rosa Parks, si può ricordare “La Lunga Strada Verso Casa” (1990) con Sissy Spacek una bravissima ed intensa Whoopi Goldberg. 

Per chi volesse saperne di più sulla condizione dei neri d’America e le leggi sulla segregazione, sono indispensabili libri come “Il Buio Oltre la Siepe” di Lee Harper (1982, Feltrinelli), il recentissimo “The Help” di Kathryn Stockett (2012, Mondadori) e gli omonimi film tratti da questi due capolavori. 

domenica 25 novembre 2012

Una Nuova Vita

Un racconto che scrissi alcuni mesi fa, dopo aver ascoltato una delle innumerevoli e tristi storie di violenza. 

Tutto iniziò come un sogno. Troppo bello per essere vero. Avevo addirittura paura di viverlo, perché temevo potesse consumarsi e usurarsi attraverso i giorni e le notti. Per me era una rinascita, così intuii troppo tardi che poteva essere la mia fine. Quando lo vidi per la prima volta pensai di trovarmi di fronte ad un dio greco: bello, perfetto, colmo della vitalità che anche io avevo e di una dirompente sensualità che mai avevo conosciuto. Tra noi ci fu il classico “colpo di fulmine”. La mia vita, a quel punto, poteva dividersi in un prima e un dopo di lui. Non c’era altro intorno a noi, che riempivamo lo spazio ed il tempo che ci circondavano. Davvero ero certa che non sarebbe mai finita. Mi cullai per mesi in una dolce illusione, senza rendermi conto che mi stava trascinando sempre più in basso. Quella sottile gelosia che mi faceva sorridere e mi lusingava divenne angoscia e terrore. Non mi resi conto del fatto che la dolcezza era diventata ossessiva, le domande pressanti e la gentilezza un modo per evitare scontri. Non mi accorsi di avere una catena di finto amore stretta intorno ai polsi e alla gola. Alle volte avevo la sensazione di non riuscire più a respirare. Come se il corpo non ne fosse più capace, o si fosse arreso agli eventi. 

Dall’esterno la prigione dorata non era visibile: giorno dopo giorno sentivo su di me gli sguardi invidiosi della gente, i sorrisi maliziosi di chi credeva fossi una privilegiata. Che fortuna! Che affare! Un colpo del genere non capita a tutte. Come si poteva rifiutare? Dovevo essere grata a Dio, o a chi per lui, per tutta questa generosità. Ma una parte di colpa ce l’ho anche io: non dissi mai niente, non feci mai capire gli stati d’animo altalenanti del mio essere. Perché? Perché nessuno mi avrebbe creduto. L’Uomo Perfetto aveva anche la superba qualità di essere potente. E, si sa, quando il rispetto non può essere meritato può sempre essere preteso con la forza. Questo, almeno, è ciò che molti credono. Ma non io. Fu cosi che l’amore si trasformò in odio. In verità devo ammettere che non svelai mai il mio segreto ad anima viva, anche perché non riuscivo ad accettare che il mio sogno si fosse infranto e che mi fossi dovuta risvegliare bruscamente nella più tetra realtà. Non poteva essere vero, non poteva essere successo proprio a me e, per questo, cercai di tirare avanti. Far finta di niente, però, può fare davvero male. E’ tradire se stessi. La parte più razionale dell’anima può nascondersi dietro a cavilli o sottigliezze inutili, ma la nostra coscienza non si fa prendere in giro e ogni volta che proviamo a celarle un segreto lei lo scova e ce lo tira in faccia e a nulla serve tentare di schivarlo. Se non lo tiriamo fuori la nostra ombra inizia a colpire l’anima e i colpi si fanno sempre più violenti, come pugni nello stomaco che mozzano il fiato. 

Fu così che un giorno, verso la fine dell’inverno, decisi di lasciarlo e fuggire via. Avevo meditato quell’idea per settimane, poi, alla fine, scelsi di riprendermi la mia vita, perché nessuno lo avrebbe fatto al posto mio. Basta gelosie, ossessioni, urla, botte. Dovevo liberarmi da quelle catene o sarei morta. Al diavolo il potere, i soldi, la convenienza e la gente. La gente! Che ne sanno loro? Arroccati su squallide convenzioni, pronti a puntare il dito e a buttarsi su ogni nuovo pettegolezzo per distruggere e calpestare. La loro smania di intromettersi per poter dire la loro a qualunque costo, infischiandosene dei sentimenti su cui camminano sopra, ha dell’incredibile. Dov’è scritto che dobbiamo esporci sulla pubblica piazza di una moralità da copertina e sopportare di buon grado lezioni di vita da chi per primo le trasgredisce? La gente non poteva salvarmi. Io potevo e dovevo farlo. Il mio cervello funzionava ancora, anche se ci aveva messo del tempo a svegliarsi dall’intorpidimento d’amore o, meglio, di quello che ritenevo fosse amore. Se ci fosse stata la mia famiglia con me sarei stata più forte. Ma loro erano lontani e non ho mai voluto farli preoccupare. Se io stavo bene, loro erano felici. Meglio lasciarli vivere in questa illusione che, almeno nel loro caso, non poteva far male. Scappare non fu difficile: l’Uomo Perfetto si fidava di me, della mia inconsistenza dovuta all’apparente sottomissione. Non avrebbe mai pensato che potessi lasciarlo. Facevo parte del mobilio e i mobili da soli non vanno da nessuna parte. Cosi un mattino tiepido di primavera feci i bagagli e me andai, mentre lui era al suo prezioso e remunerativo lavoro. Prima di andarmene appoggiai la fede sul libro che stava leggendo, sopra al comodino. Ormai non mi serviva più. 

Quando chiusi la porta alle mie spalle iniziai a respirare: le catene si erano sciolte come neve al sole, la paura non esisteva più ed ero finalmente libera di vivere e di pensare a modo mio. Presi l’auto e costeggiai il lungomare con i finestrini aperti, perché mai come in quel momento avevo bisogno di aria. I fiori dei giardini erano sbocciati, gli alberi fioriti e tutt’intorno l’atmosfera era riempita dal canto vivace degli uccelli. Finalmente vedevo il mondo a colori: per me quello fu l’inizio della vita vera. I volti delle persone che incrociavo mi sembravano sereni, o forse era la mia anima che finalmente si era placata. Lui era alle mie spalle ormai e non lo avrei più lasciato entrare nella mia vita. E mentre io rinascevo, dentro di me si formava una nuova vita, che presto avrebbe visto la luce e che io avrei preservato dalle tenebre. Forse la vita è proprio questo: un eterno ciclo di nascita e rinascita in cui la morte non è che un semplice anello di congiunzione. 

Francesca Rossi

(Apparso per la prima volta nell'Antologia di Primavera di Diario di Pensieri Persi)

Franca Viola. La donna che ascoltò il cuore

In un’intervista sostenne di non aver compiuto un gesto coraggioso, ma solo di essersi guardata dentro, di aver ascoltato il suo cuore. Eppure il “no” di Franca Viola (1947) ad un “matrimonio riparatore” è entrato nella Storia del nostro Paese e del mondo suscitando, all’epoca, scalpore e dibattiti e cambiando per sempre ed in meglio la vita delle future generazioni di donne italiane. 

Il rifiuto di Franca Viola, però, non può non essere considerato un gesto audace e di emancipazione femminile nella Sicilia (e nell’Italia) del secondo dopoguerra. Molti sanno ciò che avvenne ad Alcamo nel 1965 ma per alcuni, più giovani, potrebbe essere un fatto nuovo. 

E’ bene, dunque, ricordarlo per non perderne la memoria e per capire da dove vengono molti dei diritti femminili di cui oggi possiamo godere. Non è un caso, infatti, che questo articolo, che tratta la storia di una donna forte, capace di cambiare il corso di un destino che sembrava già scritto, venga pubblicato proprio nel giorno dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne ed inauguri il blog Divine Ribelli

E’ un racconto terribile ma con un finale che può dare speranza e può essere un esempio per tutte quelle donne che ancora non hanno trovato la forza di dire basta. 

Torniamo indietro nel tempo: il 26 dicembre 1965 Franca Viola, figlia diciassettenne di una coppia di contadini, venne rapita, insieme al fratello minore, da un ragazzo che aveva respinto, Filippo Melodia. Quest’ultimo, però, non era un giovanotto “qualsiasi”, bensì un parente della famiglia mafiosa dei Rimi. Il fratellino di Franca fu rilasciato poche ore dopo, mentre lei venne violentata e tenuta segregata in un casolare per otto giorni.

Furono i carabinieri a porre fine a quella disumana prigionia con un blitz compiuto i primi giorni del 1966. Il suo calvario, però, era appena iniziato; secondo la mentalità dell’epoca, infatti, la giovane era stata disonorata e con lei tutta la sua famiglia. 

Solo una possibilità le avrebbe permesso di riparare a questa “infamia”, evitandole di essere segnata a vita con il marchio di “svergognata”: sposare il suo sequestratore. Non è tutto: l’articolo 544 del Codice Penale (abrogato il 5 agosto 1981) sanciva che la violenza sessuale fosse solo un reato contro la morale, estinguibile attraverso il “matrimonio riparatore” tra la vittima ed il carnefice. Perfino i complici di Melodia, dodici in tutto, avrebbero beneficiato della libertà grazie a questa legge. 

Franca Viola, però, disse no. No al “matrimonio riparatore”, no alla mentalità dell’epoca, no all’infelicità che ne sarebbe derivata, no a leggi fatte dagli uomini e per gli uomini che si erano cristallizzate in un sistema oppressivo, arcaico e lesivo della dignità umana. 

Melodia ed i suoi complici vennero arrestati e processati. Fu un periodo difficile per Franca Viola e la sua famiglia, costantemente presi di mira con pesanti atti intimidatori. Il caso innescò dibattiti, polemiche ed interrogazioni parlamentari. 

Durante il processo la difesa di Melodia tentò in ogni modo di mettere in dubbio l’onestà della giovane vittima, cercando di screditarla e farla apparire come una “ragazza dai facili costumi”, consenziente alla presunta “fuga d’amore”. 

Alla fine Filippo Melodia venne condannato ad undici anni (poi ridotti) ed uscì dal carcere nel 1976. La sua vita terminò tragicamente in un agguato a colpi di lupara avvenuto il 13 aprile 1978. 

E Franca? La ragazza divenne una sorta di eroina, un simbolo di emancipazione, ribellione e libertà per tutte quelle donne che videro in lei la speranza di cambiamento ed il riscatto per la dignità femminile mortificata. 

Dovette, purtroppo, anche sopportare maldicenze e diffidenza, ma lo fece con il coraggio di chi non ha paura e ha la coscienza pulita. Si sposò nel 1968 con un suo compaesano a dispetto del timore per eventuali rappresaglie. L’allora Presidente della Repubblica Saragat inviò i suoi auguri. La coppia ebbe tre figli e fu ricevuta in Vaticano da Paolo VI. Attualmente Franca Viola vive ad Alcamo circondata dalla sua famiglia. 

La mentalità e la legge di cui si è parlato facevano leva sul senso di colpa delle donne, specialmente di quelle traumatizzate da un tale abuso, che tendono ad assumersi tutta la responsabilità dell’accaduto. 

E’ notevole il fatto che il “matrimonio riparatore” potesse cancellare ogni traccia della violenza, riabilitando l’immagine del carnefice e della vittima, la cui vita era, ormai, senza via d’uscita e relegata ai margini della società per un oltraggio non commesso, ma subito

Gli articoli del Codice Penale sul “matrimonio riparatore” e sul delitto d’onore (altra spinosissima questione) vennero abrogati soltanto il 5 agosto 1981. 

Per saperne di più 

Articolo apparso su Il Fatto Quotidiano il 13 ottobre 2012; 

Elena Doni, Manuela Fugenzi, “Il secolo delle donne”, Laterza, Roma 2001;

Liliana Madeo, “Franca Viola, la rivincita della ‘svergognata’ ”, La Stampa, 15 agosto 1992; 

Intervista a Franca Viola: http://www.ateneonline-aol.it/060117ric.php 

Beatrice Monroy, “Niente ci fu”, ed. La Meridiana, 2012;

Il film “La Moglie più Bella” (1970) di Damiano Damiani, esordio di Ornella Muti a soli quattordici anni.

mercoledì 21 novembre 2012

Divine Ribelli

Frida Kahlo. Autoritratto con vestito in velluto 1926
Il blog Divine Ribelli nasce con lo scopo di far conoscere ed approfondire le grandi figure di donne del passato e del presente, raccontando le loro vite, gli amori, le incertezze, le vittorie e gli aneddoti che le hanno rese amate in tutto il mondo. 

Non tutte hanno avuto i riconoscimenti che meritavano; di alcune è stata offuscata, quando non proprio cancellata, la memoria perché “personaggi scomodi”. Su altre, invece, è stato gettato fango per nascondere ben più inquietanti problemi che potevano affliggere un’intera classe o popolo. Insomma, molte donne sono state usate come veri e propri capri espiatori dalla società e dal loro tempo ed in alcuni casi, ancora oggi, si fa fatica a distinguere la verità dalla bugia. 

A molte altre, però, non è toccata la stessa sorte: per fortuna abbiamo importantissimi esempi di donne che hanno raggiunto altissimi livelli nei più svariati campi, dalla letteratura alla medicina. Divine Ribelli intende prenderle in considerazione tutte, non è importante la nazionalità o la religione, bensì il coraggio e la passione che ha caratterizzato queste anime di ogni tempo e di ogni luogo. 

Le donne che hanno fatto la Storia, dunque, ma anche la storia delle donne sono gli argomenti principali di questo blog. Non ci saranno solo biografie, ma anche recensioni ed anteprime di libri e film, articoli sui movimenti femministi ed uno spazio dedicato al teatro, alla musica e all’attualità. Non si tratta di “letteratura o cinema femminile” o “rosa”. Non ho mai creduto in queste etichette anguste e limitanti e, dunque Divine Ribelli non segue questa impostazione.

Il nome non è stato scelto a caso e può, forse, spiegare meglio ciò che intendo: “Divine” poiché ognuna di queste donne lo è in un modo tutto particolare ed individuale, per le scelte che ha fatto e le opere compiute, capaci di cambiare la vita delle donne moderne e contemporanee. “Ribelli” in quanto quasi tutte hanno trasformato il mondo in cui vivevano, la realtà del loro tempo in qualcosa di migliore, di nuovo, credendo nella forza delle idee e nella passione

Molte si sono letteralmente ribellate ad uno stato di cose preesistente, rivoluzionandolo dalle fondamenta. Il sottotitolo dice: “Donne più che Donne”. L’espressione originale è “Donna più che Donna” ed è il titolo della biografia romanzata dedicata alla principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso, scritta da Giulio Caprini (1946). Le protagoniste di questo blog sono proprio cosi: eccezionali, volitive, travolgenti, capaci di superare i limiti imposti dalla società e perfino la loro stessa esistenza per ciò in cui credono. 

Sono divine e sono ribelli. 




lunedì 19 novembre 2012

Biografia

Comincia un nuovo viaggio con il blog “Divine Ribelli”. Prima di partire, però, è giusto che mi presenti. 

Mi chiamo Francesca e sono nata a Roma. Dopo la laurea in Lingue e Civiltà Orientali (curriculum di lingua e letteratura araba) a La Sapienza di Roma, ho trascorso un periodo di studio ad Alessandria d’Egitto. Attualmente sto per specializzarsi nel corso di Lingue e Civiltà Orientali (laurea magistrale). 

Collaboro con alcune riviste online tra cui Diario di Pensieri Persi, Speechless, Egittologia.net, Urban Fantasy, Frontiere News. 

Ho creato e gestisco il blog dedicato alla letteratura araba (e non solo) “La Mano di Fatima”  ed il sito dedicato all’eroina francese Angelica la Marchesa degli Angeli

La scrittura è una mia grande passione. Ho appena pubblicato la saga “Meknès”, ambientata nel Seicento, per Lite Editions. I miei hobby sono la lettura, la musica (tutta, da Dalida a Shakira, da Umm Khulthum a Celine Dion) i viaggi, l’apprendimento di nuove lingue e la danza del ventre. Tra i miei autori preferiti ci sono Marguerite Duras, Edgar Allan Poe, Karen Blixen e Nagib Mahfouz. 

Vi aspetto con il prossimo post, il manifesto del blog. 
A presto.
Francesca